giovedì 1 marzo 2012

Considerazioni sismotettoniche inerente alle sequenze sismiche di Reggio Emilia e Parma del Gennaio 2012 (Appennino settentrionale)

Paolo Balocchi(1), Tommaso Santagata(2)



Riassunto: Lo studio seguente riguarda l'analisi sismologica e sismotettonica delle sequenze sismiche relative a due mainshock avvenuti a Reggio Emilia e Parma nel Gennaio 2012, con l’obbiettivo di definire un modello sismotettonico e verificare l’eventuale correlazione con il contesto tettonico regionale. L’Appennino settentrionale è una catena a falde facente parte del sistema alpino, formatosi durante il Terziario in seguito alla collisione tra due blocchi continentali rappresentati dalla zolla Europea e dalla microplacca Adria, inizialmente connessa alla zolla Africana. A causa di questa collisione, si è formato un piano di subduzione inclinato di 65°-70° circa che immerge verso SW, al di sotto dell’Appennino. Si ritiene infatti che le due sequenze sismiche siano da correlarsi al movimento relativo della placca sovrascorrente (Europea) e di quella sottoscorrente (Adria) che va in subduzione. Per analizzare le sequenze sismiche è stato fatto riferimento ai dati sismologici disponibili in letteratura, suddividendo gli ipocentri secondo classi di profondità ed analizzando i meccanismi focali in relazione al modello tettonico dell’Appennino. Dall’analisi dei due eventi principali del 25 e 27 Gennaio risulta che essi rappresentano due mainshock di due sequenze sismiche ben distinte aventi meccanismi focali con caratteristiche di rottura diverse. Attraverso lo studio dei dati ipocentrali alla scala regionale, è stato possibile definire il modello sismotettonico dove le due sequenze sismiche di Reggio Emilia e Parma rappresentano una “sequenza sismotettonica” generata dallo scorrimento del medesimo piano di subduzione che scende al di sotto della catena appenninica.


(1) Geologo del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: georcit@gmail.com).
(2) Geometra e collaboratore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog.
________________________________________
GeoResearch Center Italy - GeoBlog, pub. n° 3 (2012), ISSN: 2240-7847.
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Introduzione
L’area che comprende al suo interno le due sequenze sismiche oggetto del seguente studio è tettonicamente rappresentata dalla collisione tra la placca sovracorrente Europea e quella sottoscorrente Adria (un frammento di quella Africana), che porta alla formazione di un piano di subduzione inclinato di 65°-70° e immersione a SW. Tale piano di subduzione, in relazione alla placca sovrascorrente, potrebbe considerarsi una struttura sismogenetica alla scala regionale, e quindi essere in grado di generare le due sequenze sismiche i cui mainshock sono rappresentati dai due eventi di massimo magnitudo del 25 e 27 Gennaio 2012. 
Lo studio di seguito riportato ha come obiettivo quello di analizzare le due sequenze sismiche, per definire un modello sismotettonico e verificare le eventuali relazioni con il quadro tettonico regionale, verificando l’ipotesi sopra riportata.

Inquadramento tettonico regionale
L’Appennino settentrionale è una catena a falde (Elter, 1960; Reutter, Groscurth, 1978) facente parte del sistema alpino, formatosi durante il Terziario in seguito alla collisione tra due blocchi continentali rappresentati dalla zolla Europea e dalla microplacca Adria, inizialmente connessa alla zolla Africana (Boccalletti e al., 1971; Boccalletti, Guazzane, 1972). L’edificio appenninico è costituito da una pila di unità tettoniche riferibili a tre principali domini (fig. 1): il Dominio Ligure, i cui sedimenti si sono deposti originariamente su crosta oceanica (Liguri s.l., Auctt.), il Dominio Subligure, sviluppatosi sulla crosta assottigliata africana adiacente alla zolla oceanica, il Dominio Tosco-Umbro-Marchigiano, rappresentato da successioni del margine continentale dell’Adria la cui età inizia a partire dal Triassico.

Figura 1: Schema inerente al Bacino Ligure-Piemontese e
ai domini paleogeografici.

La storia geologica che porta alla struttura attuale, avviene in tempi successivi, ed è caratterizzata dalla sedimentazione durante il Cretaceo-Eocene medio (Fase Eoalpina) e la messa in posto dei sedimenti Liguri, Subliguri e Tosco-Umbro-Marchigiani all’interno del Bacino Ligure-Piemontese che è diviso in domini paleogeografici distinti (Dominio Ligure, Domini Subligure, Dominio Tosco-Umbro-Marchigiano)(Boccaletti, Guazzone, 1970; Abbate, Bruni, 1989; Chicchi, Plesi, 1992). A partire dal Cretaceo Superiore, si ha l'inizio della chiusura del bacino Ligure-Piemontese con la formazione di una subduzione con un piano di Benjoff immergente verso Est, e solo successivamente, tra il Cretaceo sup. e l’Eocene medio (Fase Ligure), il piano di Benjoff avrebbe cambiato la sua immersione verso Ovest portando alla subduzione della crosta oceanica, su cui si erano depositate le unità Liguri, sotto al massiccio Sardo-Corso, mentre la relativa copertura sedimentaria e le ofioliti sarebbero state impilate sul margine della Placca Adria, formando un prisma di accrezione: l’edificio appenninico (Riguzzi e al., 2010).
Nell’ Oligocene inf. – Miocene inf. (Fase Neoalpina Precoce), si ha la deposizione della Successione Epiligure all’interno di bacini, impostati al di sopra delle Liguridi durante l’accrezione del prisma orogenetico. Tali bacini vengono descritti da diversi autori con differenti terminologie: thrust-top basin (Boccaletti e al., 1995, 1997; Boccaletti, Sani, 1998; Bonini e al., 1999; Finetti e al., 2001) o come  bacini di piggy-back (Ricci Lucchi, Ori, 1985; Bettelli e al., 1989b; 1989c). Solo successivamente (Fase Neoalpina Tardiva) si ha la formazione di strutture tettoniche Plioceniche-Quaternarie che tagliano l’intero edificio della catena appenninica, compresa la Successione Epiligure (Bettelli e al., 2002; Boccaletti e al., 2004b).


Figura 2: Modello della subduzione
della placca Adria al di sotto della placca Europea,
con il relativo edificio appenninico.
Il modello tettonico attuale (fig. 2) che spiega la struttura dell’edificio appenninico è quello della tettonica a placche con un piano di subduzione inclinato di 65°-70° circa e immerge verso SW, al di sotto della catena (Malinverno, Ryan, 1986; Carminati e al., 1999; Doglioni e al., 1991; Riguzzi e al., 2010; Balocchi, 2011). I dati GPS e la sismicità strumentale (Chiarabba e al., 2005; Altamimi e al., 2007; Crespi e al., 2007; Doglioni e al., 2007; Riguzzi e al., 2010) testimoniano chiaramente, che l’attività tettonica degli ultimi anni è probabilmente dovuta al sovrascorrimento associato al fronte appenninico nella Pianura Padana e nel Mar Adriatico centro settentrionale, fino a nord del lineamento delle Tremiti (de Alteriis, 1995; Scrocca, 2006). I meccanismi focali disponibili e altri indicatori del campo di stress attivo mettono in evidenza la presenza di un campo di stress compressivo, associati a zone di trasferimento della deformazione con componenti trascorrenti lungo tutta la parte frontale sepolta del prisma d’accrezione Appenninico (Carminati e al., 1999; Boccaletti e al., 2004a; 2004b; Montone e al., 2004; Scrocca, 2006).

Sismologia
Per descrivere la sismicità dell'Appennino settentrionale, si è fatto riferimento al "Catalago ISIDe" dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV, 2012a), prendendo in considerazione tutti gli eventi sismici a partire dal 2005 al 31 gennaio del 2012 compresi in un raggio di 25 Km dai due eventi principali avvenuti il 25 e 27 Gennaio 2012. Le distribuzione degli epicentri (fig. 3) evidenzia come nella maggior parte dei casi gli eventi sismici sono compresi tra 1 e 3 di magnitudo e solo pochi sono superiori a 3 fino ad un massimo di 4,9 e 5,4 dei due eventi avvenuti rispettivamente il 25 e 27 Gennaio 2012.

Figura 3: Grafico della distribuzione temporale degli eventi sismici inerenti alla sequenza
di Rggio Emilia e di Parma.
Gli eventi sismici del 25 e 27 Gennaio (fig. 4), rappresentano due mainshock di due sequenze ben distinte. Il terremoto del 25 Gennaio è avvenuto nella Pianura Padana Emiliana (INGV, 2012a), nella provincia di Reggio Emilia, con una magnitudo di 4,9 e ad una profondità di 33,2 km. Nei giorni successivi sono avvenuti diversi aftershocks, di magnitudo inferiore a 4.
Figura 4: Schema della distribuzione degli eventi sismici suddivisi
in classi di magnitudo.
Il secondo terremoto del 27 Gennaio è avvenuto nel distretto sismico del Frignano (INGV, 2012a), nella provincia di Parma, con una magnitudo di 5,4 e ad una profondità di 60.8 km. Anche in questo caso, nelle giornate successive si sono verificati alcuni aftershocks di magnitudo inferiore a 4.

Figura 5: Schema della distribuzione degli eventi sismici suddivisi
in classi di profondità.
Per quanto riguarda la distribuzione ipocentrale delle sequenze sismiche del 25 e 27 Gennaio (fig. 5), ricavata dividendo gli ipocentri secondo classi di profondità (Balocchi e al., 2011; Balocchi, 2011a; 2011b), la maggior parte dei terremoti mostrano una concentrazione massima tra i 20-35 Km con alcuni eventi che superano i 60 Km ed un approfondimento progressivo con il procedere da NE (sequenza di Reggio Emilia) a SW (sequenza sismica di Parma).
Le classi di profondità in cui sono stati suddivisi gli ipocentri sono le seguenti (modificata da Balocchi e al., 2011): 
*Eventi sismici poco profondi o crostali (compresa tra 0 e 35 km);  
*Eventi sismici profondi (compresi tra 35 e 60 km); 
*Eventi sismici molto profondi (superiore ai 60 km);
    I meccanismi focali (INGV, 2012b) delle due sequenze evidenziano caratteristiche di rottura differenti (fig. 6). Per la sequenza di Reggio Emilia, si evidenzia un meccanismo di rottura per faglia normale e quindi compatibile con una direzione di massima compressione approssimativamente verticale e una direzione di massima estensione N-S. Invece la sequenza sismica di Parma evidenzia un meccanismo di rottura per faglia inversa, compatibile con una direzione di massima compressione N-S e una direzione di massima estensione quasi verticale.

    Figura 6: Meccanismi focali inerente alle sequenze sismiche di
    Reggio Emilia del 25/01/2012 (a) e di Parma del 27/01/2012 (b);
    Proiezione equiareale, emisfero inferiore.
    Attraverso lo studio dei dati ipocentrali alla scala regionale (fig. 7), è stato possibile definire l’assetto del piano di subduzione  che mostra una direzione appenninica e immersione SW con inclinazione di circa 65°-70°  (Amato e al., 1998; Finetti e al., 2001; Boccaletti e al., 2005; Riguzzi e al., 2010; Balocchi, 2011a).



    Figura 7: Sezione sismologica con indicata la distribuzione degli
    eventi sismici suddivisi in classi di profondità e classi di magnitudo.
    (A) = Area sismotettonica profonda;
    (B) = Area sismotettonica molto profonda.

    Sismotettonica
    Le due sequenze sismiche, considerando un quadro sismotettonico alla scala regionale, si collocano entro la fascia sismotettonica profonda (Balocchi, 2011), con eventi sismici profondi per la sequenza di Reggio Emilia ed eventi sismici molto profondi per quella di Parma.
    In relazione alla placca in subduzione (fig. 7) con inclinazione di 65°-70° circa e immersione SW al di sotto della catena appenninica, individuata sulla base della distribuzione degli ipocentri (Malinverno, Ryan, 1986; Carminati e al., 1999; Doglioni e al., 1991; Riguzzi e al., 2010; Balocchi, 2011), gli eventi sismicie delle due sequenze, si distribuiscono entro la piastra, o comunque in prossimità del limite tra le due placche, quella sovrascorrente a SW e quella sottoscorrente a NE. Per gli eventi sismici della sequenza di Reggio Emilia, gli ipocentri si collocano entro la crosta il cui limite è posto alla profondità di circa 35 km (Brandmayr e al., 2010), mentre per la sequenza di Parma, gli ipocentri si collocano ad una profondità compatibile con il mantello superiore, ma comunque entro la placca litosferica in subduzione. Entrambe le sequenze sismiche ricadono all’interno della litosfera il cui limite, per l’area studiata, si attesta intorno ai 200 km (Brandmayr e al., 2010).

    Figura 8: Modello sismotettonico con indicato
    l’area sismotettonica profonda (a);
    Area sismotettonica molto profonda (b);
    (modificato da: Kearey e al., 1994; 2009).

    Dai meccanismi focali si evince come la piastra che sottoscorre può essere suddivisa in due aree (fig. 8):
    Area sismotettonica profonda (A): in corrispondenza della sequenza sismica di Reggio Emilia, dove i meccanismi focali sono di tipo distensivo con la formazione di faglie normali.
    Area sismotettonica molto profonda (B): in corrispondenza della sequenza sismica di Parma, dove i meccanismi focali sono di tipo compressivo con la formazione di faglie inverse.

    Conclusioni
    Le due sequenze sismiche del 25 e 27 Gennaio 2012, rispettivamente a Reggio Emilia e a Parma, mostrano differenti meccanismi di rottura e quindi potrebbero essere interpretati come due stress tettonici differenti: uno di tipo distensivo (faglia normale) con una direzione di massima estensione N-S, e il secondo di tipo compressivo (faglia inversa o thrust) con una direzione di massima compressione N-S.

    In realtà, considerando il quadro tettonico alla scala regionale, i due meccanismi focali, sebbene differenti per tipologia e cinematica, rappresentano l’espressione sismotettonica di un piano di subduzione inclinato ad alto angolo e con immersione SW.
    Infatti l’attività sismica della placca discendente (posta a NE) può essere vista come il risultato di almeno due processi sismotettonici principali, tra loro distinti a secondo dell’area del piano di subduzione in cui si sviluppano (Isacks e al., 1969; Stauder, 1968; Kearey e al., 1994; 2009). Nell’area sismotettonica profonda (A)(fig. 8) si generano terremoti in risposta alla curvatura della litosfera quando inizia la discesa. Il piegamento verso il basso sottopone a tensione la parte superiore della placca e la fagliatura normale associata a questo regime di sforzo da origine a terremoti osservati che si producono fino alle profondità medie. L’area sismotettonica molto profonda (B)(fig. 8) è caratterizzata da terremoti generati da faglie di accavallamento lungo il contatto tra la placca sovrascorrente e quella sottoscorrente. La placca sovrascorente subisce una deformazione compressiva per parecchie decine di chilometri sul lato verso terra.

    Tale modello (Isacks e al., 1969; Kearey e al., 1994; 2009) già descritto per le isole Aleutine (Stauder, 1968) può essere riportato anche per le due sequenze sismiche studiate. Inoltre è possibile definire il concetto di “sequenza sismotettonica” come l’insieme di più eventi sismici generati da una stessa struttura tettonica. Le due sequenze sismiche di Reggio Emilia e Parma, rappresentano una stessa sequenza sismotettonica, generata dallo scorrimento del medesimo piano di subduzione (stessa struttura) che scende al di sotto della catena appenninica.

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    2 commenti:

    1. Interessantissimo articolo, avete intenzione di scrivere qualcosa anche sui tragici eventi del 20 e 29 maggio?

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    2. si in seguito scriveremo qualcosa anche sugli eventi sismici attuali emiliani. Per gli aggiornamenti sulle sequenze sismiche in atto: www.geobalocchi.blogspot.com

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