giovedì 16 giugno 2011

Modello Sismotettonico delle strutture profonde dell'Appennino settentrionale

Paolo Balocchi (1)



Riassunto: lo studio sismotettonico relativo all'edificio orogenetico dell'Appennino settentrionale si pone l'obiettivo di individuare le strutture tettoniche profonde, sulla base dell'analisi della distribuzione ipocentrale. Vengono utilizzati anche i meccanismi focali di alcuni terremoti, per individuare la cinematica e il relativo campo di stress tettonico responsabile della genesi delle strutture e degli eventi sismici ad esse associati. Sulla base dei dati bibliografici inerenti all'assetto strutturale dell'edificio orogenetico e dei dati sismologici (distribuzione ipocentrale e meccanismi focali), l'Appennino settentrionale viene suddiviso in fasce longitudinali all'asse della catena corrispondenti alle differenti classi sismotettoniche (aree omogenee dal punto di vista tettonico, sismico e dei meccanismi di rottura delle rocce). Inoltre, attraverso lo studio della distribuzione ipocentrale, sono state individuate differenti superfici profonde con assetto orizzontale ed estensione variabile a seconda dell'importanza su scala regionale. Viene individuata una superficie orizzontale alla profondità di 10 km presente su tutta l'estensione della catena appenninica, mentre altre superfici a profondità variabile, presentano un estensione locale. Obiettivo ultimo dello studio è quello di  proporre un modello sismotettonico che definisce le relazioni tra le strutture tettoniche profonde, l'orientazione dello stress attuale (che origina le superfici di scollamento) e la distribuzione degli eventi sismici. 


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(1) Geologo del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: georcit@gmail.com).
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GeoResearch Center Italy - GeoBlog, pub. n° 3 (2011), ISSN: 2240-7847.

  

Introduzione
L'Appennino settentrionale mostra un quadro geologico-strutturale alla scala regionale ben definito (Bartolini e al., 1983; Boccaletti e al., 1985; Boccaletti e al., 2004a; 2004b) e diversi studi descrivono le relazioni che intercorrono tra strutture tettoniche ed eventi sismici (Boccaletti e al., 2004a; 2004b; Meletti e al., 2004; Stucchi e al., 2004; Balocchi e al., 2011). Tali studi riguardano soprattutto la distribuzione e la classificazione delle "faglie capaci", ossia quelle strutture fragili che mostrano una espressione superficiale. Diviene, quindi importante definire le relazioni che sussistono tra le strutture tettoniche profonde e gli eventi sismici generati da tali strutture, definendone un modello sismotettonico.
Il metodo di studio utilizzato è quello della Back-Analysis (Balocchi e al., 2011), che consiste nell'analizzare gli effetti sismici, a partire dalla distribuzione degli ipocentri dei terremoti allo scopo di individuare quelle superfici profonde dell'Appennino settentrionale classificate come "efficaci" (Meletti e al., 2004; Stucchi e al., 2004). Dai meccanismi focali si ricava l'assetto delle principali strutture tettoniche e l'orientazione dello stress tettonico regionale che le ha generate. Successivamente vengono analizzate le relazioni tra l'assetto strutturale, la distribuzione degli ipocentri e il regime dello stress tettonico, per proporre una classificazione sismotettonica, dell'Appennino settentrionale e un modello che motivi tali relazioni. 

Gli obiettivi dello studio sono:
1.Determinare le strutture profonde attraverso l'allineamento degli ipocentri;
2.Definire la direzione dello stress tettonico alla scala regionale, sulla base dello studio dei meccanismi focali;
3.Determinare la cinematica delle strutture profonde in relazione alla direzione dello stress tettonico attuale; 
4.Individuare una classificazione sismotettonica dell'Appennino settentrionale in accordo al suo assetto strutturale;
5.Definire un modello sismotettonico delle strutture profonde;

Figura 1: Assetto strutturale dell’Appennino settentrionale (modificato da: Boccaletti e al., 1985).
Assetto strutturale
Dal punto di vista strutturale (fig. 1), l'Appennino settentrionale può essere suddiviso in fasce omogenee longitudinali all'asse della catena (Bartolini e al., 1983; Boccaletti e al., 1985):
Internal Belt: caratterizzato da una successione di alti strutturali e bassi strutturali (horsts e grabens) disposti in direzione appenninica. Gli horsts e i grabens (bacini ricolmi di sedimenti marini e continentali non deformati) sono rappresentati da blocchi limitati ad est da sistemi di faglie principali normali e immergenti verso ovest, e ad ovest da faglie normali con immersione verso est. Questa geometria di faglie determina un susseguirsi di blocchi tiltati verso est, formando una gradinata in direzione del Tirreno. Le faglie a cinematica normale sono sovrimposte a preesistenti pieghe, sovrascorrimenti e ricoprimenti tettonici. Movimenti verticali connessi alle faglie normali hanno controllato la sedimentazione all'interno dei bacini (Plesi e al., 1980; Costantini e al., 1980). Sono presenti numerose strutture magmatiche caratterizzate da dicchi dovuti al magmatismo tardo Miocenico e Quaternario (Radicofani e Monte Amiata).
Main Belt: disposto longitudinalmente alla catena appenninica, è suddivisibile in tre settori con caratteristiche geologiche differenti. Il settore nord è caratterizzato dalle unità appartenenti al dominio ligure, mentre il settore centrale è caratterizzato dalle unità della falda toscana e del Modino-Cervarola e il settore a sud è caratterizzato dalle unità appartenenti al dominio Umbro-Marchigiano. Tali settori sono limitati tra loro da faglie a direzione antiappenninica e d'importanza regionale (Signorini, 1935; Zanzucchi, 1963; Gherardoni, 1965; Bortolotti, 1966; Fazzini, Gelmini, 1982; Salvini e al., 1982). Le strutture tettoniche che separano questa fascia da quella più esterna del bacino della Pianura Padana, sono rappresentate da faglie inverse e sovrascorrimenti lungo il fronte appenninico: Pede-Appenninic Thrust Front (PTF)(Iaccarino e al., 1981). Lo stress compressivo in corrispondenza dei thrust frontali (PTF) è stato dedotto dalle analisi mesostrutturali delle formazioni pleistoceniche (Bernini e al., 1977) ed è stato attivo durante tutto il Quaternario fino all'attuale.
Buried Belt: le strutture appartenenti a questa fascia sono descritte come sistemi di thrust ad embrice (Pieri, Groppi, 1981) ciechi, a causa del loro seppellimento al di sotto dei depositi alluvionali della Pianura Padana. Si possono distinguere differenti gruppi arcuati di strutture piegate: le pieghe Emiliane e quelle Ferraresi a nord-est e le pieghe Adriatiche-Romagnole a sud.
L'arco delle pieghe Emiliane ha una larghezza di circa 25-35 km ed è rappresentata da una successione di thrust ciechi disposti ad embrice. Il piegamento risale al Pliocene ed è attivo nel Quaternario. L'arco delle pieghe Ferraresi e Adriatica-Romagnola sono formate da due distinti thrust ciechi e anch'essi ad embrice: internamente la piega Romagnola ed esternamente quella Ferrarese, sono separate da un thrust principale asimmetrico con vergenza Nord-Est. La datazione della piega è Plio-Quaternaria. Il margine esterno del Buried Belt è marcato da un gruppo di thrust ciechi denominati Esternal Thrust Front (ETF).
Pede-Alpine Homicline: Appartengono a questo settore quelle strutture poste all'esterno della catena orogenetica Appenninica e localizzate al di sotto dei depositi della pianura Veneta-Lombarda (Pieri, Groppi, 1981).

Tali fasce omogenee sono tagliate trasversalmente alla catena appenninica, da strutture tettoniche di importanza regionale (Signorini, 1935; Zanzucchi, 1963; Gherardoni, 1965; Bortolotti, 1966; Fazzini, Gelmini, 1982; Salvini e al., 1982). Si hanno evidenze di tali strutture alla scala mesoscopica, in affioramenti posti all'interno del Main Belt. Le principali strutture trasversali da nord verso sud sono: Struttura Sestri – Cornegliano, Struttura Bracco – Parma, Struttura La Spezia – Concordia, Struttura Livorno – Sillaro (Bortolotti, 1966), Struttura Piombino – Ravenna (Grosseto – Val Marecchia), Struttura Valle Alberga, Struttura Anzio – Ancona (Salvini e al., 1982). Le prime quattro strutture sono rappresentate da sistemi di faglie verticali a direzione antiappenninica e cinematica trascorrente sinistre (Fazzini, Gelmini, 1982). Le successive invece sono rappresentate da sistemi di faglie verticali a direzione antiappenninica e cinematica trascorrente destre (Fazzini, Gelmini, 1982).

Alla scala regionale, l'intersezione delle fasce a direzione appenninica con le strutture tettoniche trasversali, conferisce all'Appennino Settentrionale un assetto strutturale caratterizzato da blocchi aventi una deformazione tettonica omogenea.

Sismologia 
Lo studio sulla sismicità  rappresenta uno strumento indispensabile per le analisi sismotettoniche, ed è un utile supporto alla geologia strutturale, in quanto, i dati sismici forniscono indicazioni molto importanti al fine di identificare e caratterizzare le strutture geologicamente attive (Balocchi, 2003; Balocchi e al., 2011), sia in termini di identificazione delle strutture e quindi della loro distribuzione spaziale, sia in termini di cinematica e stress tettonico responsabile della loro genesi.

Con il termine di "dati sismici", si intendono tutto l'insieme delle informazioni disponibili sui terremoti avvenuti in passato, ottenute secondo metodi di analisi di sia tipo strumentale che non (Boccalletti e al., 2004a).

Per descrivere la sismicità dell'Appennino settentrionale, si è fatto riferimento al "Catalago ISIDe" dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV, 2010), che prende in considerazione tutti gli eventi sismici a partire dal 2005 ai giorni nostri avvenuti sul territorio italiano. Per lo scopo del seguente studio sono stati utilizzati i dati sismologici dal 2005 al 2010 (INGV, 2010) dei terremoti avvenuti nell'Appennino settentrionale.

I parametri ipocentrali possono fornire importanti informazione per individuare eventuali strutture tettoniche attive e quindi in grado di generare eventi sismici, ma non forniscono informazioni utili sulla natura della struttura sismogenetica. Per ricavare l'orientamento del piano di faglia, la cinematica e lo stato di tensione in termini di direzione dell'ellissoide dello stress, è necessario ricorrere ai meccanismi focali ricavati dai dati del'European-Mediterranean Regional Centroid Moment Tensors (RCMT) (Pondrelli e al., 2002; 2004; 2006; 2007). I meccanismi focali, generalmente sono rappresentati da una "sfera focale" che mostrano le tracce dei due piani nodali (quello principale e quello ausiliario) la cui intersezione individua le due aree di compressione (area di colore bianco che indica la zona dove ricade l'asse di compressione P) e quelle di tensione (area di colore rosso che indica la zona dove ricade l'asse di tensione T). L'orientazione dei due assi P e T danno informazioni molto importanti inerente alle direzioni principali dello sforzo tettonico regionale che genera le strutture tettoniche e i relativi eventi sismici (Balocchi e al., 2011). 

Figura 2: Distribuzione degli ipocentri suddivisi in classi di profondità.

Gli ipocentri (fig. 2) sono stati suddivisi in base a delle classi di profondità riportate di seguito (modificata da Balocchi e al., 2011):
·      Eventi sismici superficiali (compresa tra 0 e 5 km);
·      Eventi sismici poco profondi (compresi tra 5 e 10 km);
·      Eventi sismici medi (compresi tra 10 e 15 km);
·      Eventi sismici profondi (compresi tra 15 e 35 km);
·      Eventi sismici molto profondi (superiore ai 35 km);
le quali denotano una loro distribuzione secondo delle fasce longitudinali alla catena appenninica che ricalcano con buona approssimazione l'assetto strutturale dell'Appennino settentrionale (fig. 1, 2).
I terremoti superficiali e poco profondi si concentrano in prossimità della zona tirrenica (Internal Belt), mentre in corrispondenza della catena (Main Belt) la distribuzione ipocentrale mostra terremoti da poco profondi a medi e profondi. Una fascia di terremoti a profondità media è localizzata in posizione esterna alla catena (Buried Belt e Pede-Alpine Homocline)(fig. 1, 2).
La distribuzione degli eventi sismici profondi (15-35 km) e molto profondi (maggiore di 35 km) in corrispondenza dell'area di catena e del fronte appenninico, mette in risalto come le strutture a direzione antiappenninica giocano un ruolo importante nel contesto tettonico e sismotettonico dell'Appennino settentrionale. Infatti gli eventi sismici (fig. 3) mostrano una distribuzione a forma di arco che sembra interrotta, nel passaggio tra l'Appenninico emiliano-romagnolo e quello marchigiano, in corrispondenza di una zona di deformazione verticale a direzione antiappenninica. Anche per gli eventi sismici molto profondi  si nota un cambiamento della direzione della distribuzione ipocentrale da WNW-ESE nel blocco emiliano romagnolo a NW-SE nel blocco marchigiano (fig. 3), oltre ad un avanzamento verso NE degli ipocentri del blocco marchigiano rispetto quelli dell'altro blocco, per effetto di una zona di taglio trascorrente sinistrorsa che separa i due blocchi ed è rappresentata dalle due strutture antiappenniniche: la linea Livorno – Sillaro e la Piombino – Ravenna.

Figura 3: Distribuzione degli ipocentri profondi e molto profondi e relativa direzione della loro distribuzione.

Attraverso lo studio dei meccanismi focali ricavati dalla bibliografia, si sono ricavati le direzione degli assi principali dello sforzo tettonico (direzione di massima compressione e direzione di massima estensione). La loro distribuzione spaziale mostra come l'Appennino settentrionale sia diviso in due aree con assetto longitudinale alla catena (fig. 4): la fascia NE è in netta compressione con meccanismi di rottura da thrust o faglie trascorrenti, mentre la fascia SW è in netta estensione con meccanismi di rottura da faglie normali.
La direzione di massima compressione dell'area NE è approssimativamente N-S per l'Appennino Emiliano, e una direzione NE-SW per quello romagnolo. In entrambe i casi  le sfere focali evidenziano meccanismi di rottura di thrust o faglie trascorrenti entrambe compatibili con la direzione di massima compressione regionale.
Per quanto riguarda l'Appennino marchigiano, la direzione di massima compressione è variabile localmente perlopiù con meccanismi di rottura da faglie trascorrenti.
Per quello che riguarda la direzione di massima estensione per l'area SW, presenta una di direzione NE-SW, omogenea per tutta l'estensione dell'area.

Figura 4: Distribuzione dei meccanismi focali e rispettive direzioni dello sforzo tettonico;
aree di stress tettonico.
Le sezioni sismologiche (vedi sezioni sismologiche) mostrano le diverse superfici di scollamento (Boccaletti e al., 1985; Meletti, 1996; Meletti e al., 2004; Stucchi e al., 2004; Balocchi e al., 2011) individuate sulla base della distribuzione degli ipocentri. 
Tra le diverse superfici di scollamento si possono distinguere alcune a scala regionale che mostrano una maggiore concentrazione di eventi sismici alla profondità media di 10 km, con una estensione che copre longitudinalmente e trasversalmente l'intero edificio appenninico. Tale superficie molto probabilmente deve essere tagliata dalle faglie antiappenniniche che sblocchettano l'Appennino settentrionale. Altre superfici mostrano una persistenza ed una estensione minore rispetto alla precedente è sono localizzate ad una profondità variabile secondo la località (vedi sezioni sismologiche). Le differenti superfici alle diverse profondità vengono anche definite come "superfici efficaci" (Meletti e al., 2004; Stucchi e al., 2004), cioè quelle strutture che con maggiore probabilità sono in grado di generare il maggior numero di eventi sismici, come dimostra la grande concentrazione degli ipocentri.
Dalle sezioni sismologiche, in base alla direzione principale degli assi dello stress tettonico (ricavate dai meccanismi focali), è possibile descrivere la cinematica delle superfici profonde, che è variabile in relazione alla loro ubicazione rispetto al quadro strutturale dell'Appennino (fig. 1). Infatti in corrispondenza del Buried Belt e Pede-Alpine Homocline, le superfici mostrano meccanismi di rottura da thrust o faglie inverse, mentre in corrispondenza dell'Internal Belt mostrano meccanismi di rottura da faglie normali. Per quanto riguarda il Main Belt, le superfici si comportano sia come faglia estensionale, sia come faglia compressiva come mostra la distribuzione spaziale degli assi di massima compressione e massima estensione (vedi sezioni sismologiche).
La distribuzione ipocentrale di sismi profondi (fig. 3) mostra una notevole concentrazione lungo una superficie planare ad alto angolo e con immersione verso SW (fig. 3, vedi sezioni sismologiche). Tale superficie rappresenta il piano di subduzione della placca Adria, posta a NE che scende oltre la profondità di 35 km al di sotto della placca europea a SW. I meccanismi focali mostrano una direzione di massima compressione con direzione N-S ed estensione con una direzione perlopiù verticale. 

Classificazione sismotettonica
Dalle relazioni tra strutture tettoniche dell'Appennino settentrionale (fig. 1)(Boccaletti e al., 1985) e i dati sismologici (fig. 2, 3)(distribuzione ipocentrale e dei meccanismi focali)( Pondrelli e al., 2002; 2004; 2006; 2007; INGV, 2010) è possibile ricavare una classificazione sismotettonica.

Figura 5: Schema sismotettonico degli eventi sismici relativa alla distribuzione degli ipocentri.

In  base delle relazioni che sussistono tra l'assetto strutturale e la distribuzione degli eventi sismici (fig. 5) si denota un quadro sismotettonico  secondo delle fasce di distribuzione ipocentrale che ricalcano grossomodo l'assetto strutturale.
Lo stesso vale se si considera le relazioni tra assetto strutturale e la distribuzione dello stress tettonico regionale (ricavato dai meccanismi focali), dove l'Appennino settentrionale presenta diverse aree in compressione e altre aree in estensione (fig. 6). Le aree strutturali più interne sono in estensione (Internal Belt), mentre quelle più esterno in compressione (Buried Belt,  Pede-Alpine Homicline). L'area strutturale intermedia invece presenta dei settori in compressione e altri in estensione, in accordo ad altri studi sismotettonici (Meletti e al., 2004; Stucchi e al., 2004; Balocchi e al., 2011). 

Figura 6: Schema sismotettonico della distribuzione dello stress tettonico regionale e relative aree.
La classificazione sismotettonica proposta ricalca con buona approssimazione la distribuzione delle aree strutturali descritte in precedenza (fig. 1)(Boccaletti e al., 1985). Ogni classe si presenta omogenea dal punto di vista delle caratteristiche tettoniche, sismologiche (distribuzione ipocentrale) e della distribuzione dello stress tettonico regionale e dei meccanismi di rottura.

Figura 7: Schema sismotettonico dell’Appennino settentrionale
Dal punto di vista geometrico le diverse classi sono distribuite secondo delle fasce longitudinali alla catena appenninica (fig. 7) presentando le seguenti caratteristiche:
Fascia sismotettonica Interna (Internal Belt): caratterizzata da faglie distensive, dove la superficie di scollamento per accomodare la deformazione crostale gioca un ruolo distensivo; la superficie di scollamento per accomodare la deformazione crostale gioca un ruolo distensivo;
Fascia sismotettonica di Catena (Main Belt): caratterizzata da faglie compressive o distensive e la superficie di scollamento per accomodare la deformazione crostale può giocare un duplice ruolo compressivo o distensivo; la superficie di scollamento per accomodare la deformazione crostale può giocare un duplice ruolo compressivo o distensivo;
Fascia sismotettonica di Fronte (Buried Belt e Pede-Alpine Homocline): caratterizzata da faglie inverse e da thrust sul fronte della catena appenninica e la superficie di scollamento per accomodare la deformazione crostale gioca un ruolo compressivo; la superficie di scollamento per accomodare la deformazione crostale gioca un ruolo compressivo;
Fascia sismotettonica profonda: caratterizzata da eventi sismici con profondità superiore ai 15 km, generati da faglie di thrust lungo il contatto tra la placca sovrascorrente e quella sottoscorrente (Stauder, 1968; Kearey e al., 2004; 2009). I meccanismi focali di tali eventi mostrano una direzione di massima compressione orizontale e una direzione di massima tensione verticale (Stauder, 1968; Kearey e al., 2004; 2009). 

Modello sismotettonico delle strutture profonde
Il modello sismotettonico più appropriato dedotto dalle relazioni tra strutture tettoniche, distribuzione epicentrale e orientazione dello stress tettonico è descrivibile attraverso un modello di Ramp & Flat (fig. 8)(Gibbs, e al., 1984; Ellis, McClay, 1988;  Huiqi, McClay, 1992; McClay, e al., 1991; Gary, 1993; Mulugeta, e al., 2003; Ralf, e al., 2004).
Dalle sezioni sismologiche si individuano alcune superfici profonde con piano suborizontale, dove la più importante si trova alla profondità di 10 km. Altre superfici orizzontali di minori estensione e di importanza locale, si individuano alla profondità variabile dai 5 ai 15 km circa. Tali superfici vengono anche definite "efficaci", perché in grado di generare terremoti anche se di lieve intensità (Meletti, 1996; Meletti e al., 2004; Stucchi e al., 2004; Balocchi e al., 2011).
Figura 8: Modello sismotettonico delle strutture profonde; I) Internal Belt; II) Main Belt; III) Buried Belt;

Le superfici di scollamento (fig. 8) rappresentano dei Flat ( Gary, 1993; Ralf, e al., 2004)  che sono raccordate a rampe frontali di faglie listriche inverse e di thrust (listric thrust fault Ramp)( Huiqi, McClay, 1992; Mulugeta, e al., 2003;) in corrispondenza del Buried Belt e a rampe di faglie listriche normali (listric normal fault ramp)( Gibbs, e al., 1984; Ellis, McClay, 1988; McClay, e al., 1991) in corrispondenza dell'Internal Belt. Le superfici di scollamento che ricadono all'interno del Mail Belt giocano un doppio ruolo cinematico, sia come superfici di scorrimento da thrust associate al movimento dei sovrascorrimenti in prossimità del fronte della catena (Pede-Appenninic Thrust Front), sia come superfici di estensione associate a fenomeni estensivi post orogenetici (fig. 8). Tale fenomeno è descritto come inversione tettonica (McClay, Buchanan, 1992), dovuta al sollevamento dell'edificio orogenetico con la formazione di faglie di thrust e inverse e alla successiva estensione dell'edificio per riattivazione delle precedenti faglie come normali (Balocchi, 2003).
Le strutture più profonde (oltre i 15 km) sono rappresentate dal piano di subduzione individuato sulla base della distribuzione ipocentrale. Il piano presenta una immersione verso SW e si estende ad una profondità di oltre 35 km. Il campo di stress tettonico in corrispondenza del piano è rappresentato perlopiù da una direzione dell'asse di massima compressione orizzontale e ortogonale all'asse della catena appenninica, e una direzione di massima estensione verticale. L'orientazione dello stress tettonico è compatibile con strutture compressive di thrust localizzate in corrispondenza del limite tra le due placche lungo il piano di subduzione.
Tale piano sembra essere tagliato da una zona di taglio verticale a cinematica trascorrente sinistrorsa e delimitata dalle due strutture: a nord dalla linea Livorno – Sillaro e sud dalla linea Piombino-Ravenna. Questa zona di taglio che presenta una espressione topografica (Signorini, 1935; Zanzucchi, 1963; Gherardoni, 1965; Bortolotti, 1966; Fazzini, Gelmini, 1982; Salvini e al., 1982) con una estensione verticale fino ad una profondità di oltre 35 km, è messa in evidenza dalla dislocazione laterale della distribuzione ipocentrale di eventi sismici profondi e molto profondi (come detto in precedenza; fig. 3). Questa struttura tettonica rappresenta uno svincolo per accomodare la deformazione differenziale tra i due blocchi: il blocco emiliano-romagnolo a NW e il blocco marchigiano a SE. 

Conclusioni
Attraverso il seguente studio è stato possibile suddividere l'Appennino settentrionale in fasce sismotettonica ad estensione longitudinale alla catena e con caratteristiche omogenee (fig. 7).
Viene definito un modello sismotettonico di Ramp & Flat (fig. 8) rappresentate da superfici di scollamento orizzontali raccordate a faglie inverse o thrust in prossimità del fronte e faglie normali nella zona interna alla catena. La superficie di scollamento di interesse regionale è localizzata alla profondità di 10 km, e dalla distribuzione ipocentrale è da considerarsi attiva (Meletti e al., 2004; Stucchi e al., 2004; Boccaletti e al., 2004) in funzione del regime di stress tettonico attuale (Balocchi e al., 2011).
Inoltre, sempre su scala regione viene, definito l'assetto del piano di subduzione al di sotto della catena in accordo a quanto descritto da altri autori (Doglioni, 1991; Doglioni e al., 1994; Riguzzi e al., 2009), come piano ad alto angolo immergente a SW e con direzione variabile a seconda del blocco emiliano-romagnolo e marchigiano. Tale variabilità della direzione del piano non sembra imputabile alla classica forma arcuata delle zone di subduzione (Kearey e al., 2004; 2009), ma ad una zona di taglio trascorrente sinistra, che separa la continuità della distribuzione ipocentrale (fig. 4), accomodando in modo differente la deformazione nei due blocchi NW e SE. Affinché si possa definire meglio il quadro tettonico del piano di subduzione dell'Appennino settentrionale, sarebbe opportuno approfondire lo studio sismologico inerente ai meccanismi focali del foreland inerente alla catena appenninica.

Sezioni Sismologiche




Sezioni 1 e 2


Sezioni 3 e 4

Sezione 5

Sezione 6

Sezione 7
 Bibliografia
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1 commento:

  1. Complimenti! Un lavoro molto interessante. Spero che di risultati come questi tengano conto i progettisti del nuovo pente sul Polcevera di Genova.

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