Giulio Riga(1), Paolo Balocchi(2)
Riassunto: il 20 maggio e 29 maggio del 2012, nella bassa modenese si sono verificati due eventi
sismici rispettivamente di magnitudo 5.8 Mw e 5.6 Mw, causando una sequenza di scosse di assestamento la cui distribuzione epicentrale si è estesa all'interno dell'area della concessione Mirandola. Ciò ha suggerito una relazione causale tra i due eventi principali del 20 e 29 maggio e la produzione di idrocarburi della concessione. In questo studio viene
utilizzato un modello di calcolo sperimentale, attraverso il quale sono stati
analizzati i dati ricalcolati, della sismicità strumentale dell'area, ricavati dal catalogo ISIDe dell’INGV, al fine di definire i terremoti naturali e attivati che ricadono nell’area del cratere sismico dell’Emilia del 2012, dove è presente la concessione Mirandola per la coltivazione di idrocarburi. I risultati ottenuti
definiscono il terremoto del 20 maggio come evento naturale, mentre quello del
29 maggio come evento attivato dal mainshock precedente. Inoltre non si evidenziano legami tra le attività antropiche della concessione Mirandola e i mainshocks del 20 maggio e 29 maggio 2012.
1) Geologo,
ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: giulio.riga@tin.it);
2) Geologo,
ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog
____________________________________
GeoResearch Center Italy - GeoBlog, 10 (2015), ISSN: 2240-7847.
Introduzione
Il 20 maggio e 29 maggio del 2012, nella bassa modenese si sono verificati due eventi
sismici rispettivamente di magnitudo 5.8 Mw e 5.6 Mw (INGV, 2015),
causando una sequenza di scosse di assestamento la cui distribuzione epicentrale si è estesa all'interno dell'area della concessione Mirandola. Ciò ha suggerito una relazione causale tra i due eventi principali del 20 e 29 maggio e la produzione di idrocarburi della concessione.
I due eventi si sono verificati in una regione a moderata pericolosità sismica notoriamente caratterizzata da sovrascorrimenti attivi e da importanti attività antropiche.
La commissione ICHESE (Styles e al.,
2014), voluta dalla Regione Emilia Romagna aveva come obiettivo quello di definire una possibile relazione tra
la sequenza sismica emiliana e le attività estrattive dell'area. La commissione
esclude che la sismicità dell’Emilia sia indotta dalle attività antropiche
delle concessioni di Minerbio, Casaglia, Spilamberto e Recovato, il progetto di stoccaggio di gas Rivara, e che il terremoto del 20 maggio 2012 non è stato indotto dalle attività antropiche. La stessa commissione non esclude e non conferma la possibilità di una relazione tra le attività di coltivazione nella concessione Mirandola e la sismicità emiliana del 2012 legata
all’evento del 29 maggio.
Un successivo studio denominato
Laboratorio Cavone (Laboratorio Cavone, 2014; Assomineraria, 2014) con lo scopo di studiare più in
dettaglio la relazione tra il terremoto del 29 maggio e la concessione di
Mirandola, e con gli obiettivi di: i) svolgere un monitoraggio sismico nell'intorno della concessione;
ii)
svolgere delle prove di iniezione/interferenza sul pozzo di
reiniezione Cavone 14 e i pozzi di produzione;
iii)
ridefinire il modello geomeccanico del giacimento, al fine di studiare la variazione della pressione e degli sforzi lungo la faglia che ha generato il terremoto del 29 maggio 2012. Il monitoraggio sismico, le prove di iniezione/interferenza e i due modelli geomeccanici calcolati considerando un acquifero di giacimento in condizioni confinate e libero al di sotto del caprock,
mostrano come la reiniezione di fluidi di strato nel pozzo Cavone 14, non varia la
pressione all'epicentro del terremoto del 29 maggio 2012 (Astiz e al., 2014), quindi si esclude definitivamente che l’attività antropica possa avere indotto l’evento sismico.
In questo studio viene utilizzato un modello di
calcolo sperimentale (metodo Previsio), attraverso il quale sono stati analizzati i dati ricalcolati,
della sismicità strumentale dell'area, ricavati dal catalogo ISIDe (INGV, 2015), al fine di definire i terremoti naturali e attivati che ricadono nell’area del cratere sismico dell’Emilia del 2012, dove è presente la concessione Mirandola per la coltivazione di idrocarburi.
Nei terremoti naturali sia la nucleazione (fase di accumulo di energia e punto d’innesco) che la propagazione della rottura (fase di rilascio di energia) sono controllate dai tassi di stress tettonici. La fase di rilascio di energia è innescata dalle piccole scosse, mentre la velocità di sviluppo della sequenza sismica dipende dalle proprietà reologiche lungo i piani di faglia. La magnitudo dipende dall’entità della deformazione elastica accumulata lungo la faglia e dal numero di steps evolutivi che precedono il punto di attivazione della fase di rilascio di energia Il volume crostale su cui agisce il processo di accumulo e di rilascio dell’energia elastica di un terremoto è molto più grande del volume in cui avviene la dislocazione di faglia.
I terremoti attivati sono associati alla riattivazione di faglie preesistenti che nel tempo sono rimaste inattive. Quando lo stato regionale di stress è vicino alla condizione critica (punto di attivazione), piccoli cambiamenti di deformazione sono sufficienti ad innescare una certa
instabilità sismica
(Grasso e al., 1992) che spostano il sistema da stato quasi critico ad uno stato instabile, ma la propagazione della rottura è guidata dai tassi di stress tettonici preesistenti. Per attivare un terremoto, la faglia sismogenetica deve essere prossima al punto di rottura naturale. Anche nei terremoti attivati sono le piccole scosse ad innescare la fase di rilascio di energia, mentre la velocità di sviluppo della sequenza sismica dipende dalle proprietà reologiche lungo i piani di faglia. Di solito un terremoto non è innescato da un singolo terremoto precedente, ma piuttosto dall’effetto cumulativo di tutti gli eventi precedenti con un peso diverso a seconda del tempo, della distanza e della magnitudo (Helmstetter e al., 2005). Il punto di attivazione o il pre-segnale si trova vicino l’epicentro del terremoto attivato.
I terremoti naturali ed attivati sono associati a bombe sismiche (Riga,
2013) abbastanza evolute il cui completamento può richiedere molti anni. Sia i piccoli terremoti che quelli più energetici sono in grado di trasferire nelle rocce circostanti stress statici e dinamici capaci di attivare terremoti forti su faglie adiacenti, anche dopo diverso tempo (ore, giorni, settimane, mesi o anni).
Tettonica Regionale e Sismotettonica
La Pianura Padana rappresenta una regione tettonicamente attiva, compresa tra gli Appennini a Sud e le Alpi a Nord. Gli accorciamenti crostali avvenuti durante il Miocene hanno generato una serie di catene nello stile di “piega-sovrascorrimento” che limitano a Nord e a Sud la Pianura Padana. A partire dal tardo Miocene, tuttavia, le deformazioni sono state localizzate maggiormente nell'area Sud della Pianura Padana, che rappresenta l’avampaese degli Appennini (Pieri, Groppi, 1981; Pieri, 1983; Cuffaro e al., 2010), con la formazione di archi tettonici (o salienti) e recessi, che si estendono verso Nord a partire dalla catena appenninica (fig. 1).
Tali strutture che coinvolgono una sequenza di
piattaforma carbonatica (dal Triassico al Cretaceo), sono rappresentate da faglie inverse che presentano pieghe di propagazione al loro tetto (Pieri, 1983; Ciaccio,
Chiarabba, 2002; Bonini, 2013), e costituiscono i maggiori reservoir di idrocarburi (Pieri, 1983). Le strutture si possono suddividere in diversi gruppi (fig. 1): le pieghe Emiliane, quelle Ferraresi e le pieghe Adriatiche-Romagnole.
L’arco delle pieghe Emiliane ha una larghezza di circa 25-35 km ed è rappresentata da una serie di thrusts ciechi disposti ad embrice. Il piegamento risale al Pliocene ed è attivo nel Quaternario. L’arco delle pieghe Ferraresi e Adriatiche-Romagnole sono formate da due distinti thrusts ciechi e anch’essi disposti ad embrice: internamente le pieghe Adriatiche-Romagnole ed esternamente quelle Ferraresi. L'arco delle pieghe Ferraresi giunge molto vicino alla superficie topografica e si ipotizza un’attività tardo-pleistocenica (Boccaletti e al., 2004a; 2004b).
Lo studio di dettaglio delle strutture sepolte della Pianura Padana è possibile soprattutto grazie all’interpretazione dei profili sismici, da cui si è ricavato anche l’assetto stratigrafico della Pianura Padana (Agip, 1982; Pieri, Groppi, 1981; Preti, 1999; Ricci
Lucchi e al., 1982; Astiz e al., 2014).
Il sistema delle pieghe Ferraresi, responsabili della sequenza sismica del 2012 (Balocchi, Santagata, 2012b; Lavecchia e al., 2012 Serpelloni e al., 2012), sono rappresentate da un sistema di faglie inverse a en echelon, dove al tetto sono presenti delle pieghe di propagazione (figg. 1 e 2). Tali faglie prendono il nome di Mirandola, Mirandola Nord, Media ed Esterna di Ferrara (Pezzo e al., 2013; Astiz e al., 2014).
Al tetto della faglia di Mirandola è presente una piega di propagazione che rappresenta la struttura del Cavone (fig. 3). Tale piega è caratterizzata da un fianco Sud moderatamente inclinato di circa 45° e un fianco Nord con una inclinazione maggiore ai 60°. L’ampiezza della piega cresce verso il centro della struttura di Cavone formando la trappola strutturale che costituisce il giacimento petrolifero.
La faglia di Mirandola è sottostante al fianco Nord della piega, in pianta mostra una forma arcuata con una estensione di circa 30 km lungo la direzione del piano e si immerge verso Sud con una inclinazione di circa 60° (Pezzo e al., 2013; Astiz e al., 2014; Chiarabba e al., 2014) fino a profondità maggiori di 10 km (figg. 2 e 3). In base alla ripida immersione e alla serie di strati Triassici inspessiti posti al tetto della faglia, suggerisce che la faglia inversa di Mirandola abbia riattivato una precedente faglia normale (Picotti, Pazzaglia, 2008; Picotti, 2012). Una serie di faglie secondarie e retro-scorrimenti sono visibili al tetto della faglia di Mirandola (fig. 3). Queste faglie secondarie sembrano confluire nella faglia principale a profondità tra 7 e 10 km circa.
Le altre faglie inverse sono rappresentate dalla Mirandola Nord e dalla Media ed Esterna di Ferrara, che si sviluppano verso Nord-Est nel blocco di letto della faglia di Mirandola (fig. 2). La faglia di Mirandola Nord sembra convergere nella faglia di Mirandola a profondità crostali intermedie (5-10 km); mentre le faglie Media ed Esterna di Ferrara si estendono in profondità in una struttura distinta dalla precedente (fig. 4).
Figura 4: Sezioni geologiche schematiche che mostrano la relazione tra strutture tettoniche e sequenza sismica dell’Emilia, con localizzazione dei due meccanismi focali dei principali eventi di magnitudo 5.8 Mw del 20 maggio e di 5.6 Mw del 29 maggio; a) sezione b-b’ in fig. 2; b) sezione c-c’ in fig. 2. (modificato da: Chiarabba e al., 2014). |
Figura 5:
Modello della subduzione
della placca Adria
al di sotto
della placca Europea,
con il relativo
edificio appenninico
(modificato
da: Doglioni,
1991).
|
Le sequenze sismiche che hanno interessato l'Emilia nel 2012, si collocano in corrispondenza delle faglie inverse dell'arco delle Pieghe Ferraresi (fig. 2 e 4), in particolare i due eventi principali del 20 e 29 maggio si collocano su due strutture distinte (Balocchi, Santagata, 2012b; Lavecchia e al., 2012; Serpelloni e al., 2012; Pezzo e al., 2013; Astiz e al., 2014; Chiarabba e al., 2014).
La localizzazione del terremoto di magnitudo 5.8 Mw del 20 maggio 2012 e le successive scosse di assestamento rilocalizzate, suggeriscono che l’evento è stato generato dalla faglia Media di Ferrara (fig. 4). Anche la ripida immersione verso Sud del piano nodale dell’evento di magnitudo 5.8 Mw è compatibile con la sua geometria (Pezzo e al., 2013; Astiz e al., 2014; Chiarabba e al., 2014). Inoltre, i dati di sismicità forniti da INGV (da gennaio 2011 a febbraio 2013) suggeriscono che le scosse di assestamento del sisma del 20 maggio 2012 si sono manifestate solo lungo l’intera estensione del segmento occidentale della faglia Media di Ferrara, limitando l'estensione verso Est della rottura (Astiz e al., 2014).
La localizzazione del terremoto di magnitudo 5.6 Mw del 29 maggio 2012 e le successive scosse di assestamento rilocalizzate, suggeriscono che l’evento è stato generato dalla faglia di Mirandola (fig. 4). Le scosse di assestamento sono maggiormente concentrate tra i 5 e 10 km lungo la sua estensione in profondità e le sue faglie secondarie e dei suoi retro-scorrimenti (figg. 3 e 4a). In aggiunta, la ripida immersione verso Sud di uno dei piani nodali del meccanismo focale è compatibile con la geometria della faglia di Mirandola (Pezzo e al., 2013; Astiz e al., 2014; Chiarabba e al., 2014).
Figura 6: Schema sismotettonico della distribuzione degli epicentri con Magnitudo maggiore di 5.0: eventi sismici del 20 Maggio, 29 Maggio (dati da: ISIDe, 2015). |
La sequenza con mainschock di magnitudo 5.6 Mw del 29 Maggio 2012 e gli eventi successivi con M>5.0 mostrano una migrazione progressiva in direzione Ovest. Tali eventi, come detto in precedenza, si collocano in corrispondenza della faglia di Mirandola (Pezzo e al., 2013; Astiz e al., 2014).
Sismologia
Figura 7:
Andamento temporale dei
valori di magnitudo
dal
21-04-1985
al 20-05-2012.
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Lo schema generale della sequenza di lungo periodo (fig. 7) mostra un primo evento di magnitudo 4.6 Md accaduto il 15 ottobre 1996 e seguito da una lunga fase di assestamento composta di varie scosse, terminata nel 2008.
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Complessivamente lo schema evolutivo di medio-breve periodo è di tipo “progressive earthquakes”, nel quale l’ampiezza della componente ciclica (la magnitudo) aumenta progressivamente nei cicli sismici che compongono la fase di rilascio di energia.
Questo schema evolutivo è tipico delle aree interessate da faglie inverse, dove la scossa più energetica è innescata da scosse di piccola magnitudo.
La posizione degli ipocentri (fig. 8) mostra un volume sismogenetico che aumenta progressivamente nel tempo. Sono presenti due strati sismici ben distinti, di cui il primo tra 0 e 10 km, e il secondo tra i 20 e i 40 km, con una migrazione delle profondità ipocentrali nell’ultimo ciclo sismico.
Figura 9:
Andamento temporale dei valori di
magnitudo
dal 20-05-12 al 29-05-2012.
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Le repliche dei giorni successivi si sono verificate in una finestra temporale di brevissimo periodo, il cui schema evolutivo mostra un’ampiezza della componente ciclica (la magnitudo) che è rimasta abbastanza costante e una fase co-sismica durante la quale l’energia è stata liberata immediatamente, dopo il punto di attivazione attraverso un “flash earthquake” (assenza di foreshock) con il terremoto di magnitudo 5.6 Mw del 29 maggio.
La sequenza sismica dopo il 20 maggio, contiene molti piccoli eventi non associati a scosse più grandi, considerati appartenenti ad un unico ciclo sismico innescato dallo stesso evento principale.
Gli ipocentri (fig. 9) sono abbastanza confinati nello strato sismogenetico tra 0 e 10 km fino al 20 maggio, mentre nei giorni successivi le profondità aumentano progressivamente interessando lo strato compreso tra 10 e 30 km.
Un’analoga variazione del trend delle profondità ipocentrali (tendono a diminuire velocemente) è stata osservata poco prima del terremoto del 20 maggio.
Bomba sismica e modello dinamico gerarchizzato
I blocchi interagenti a scala regionale/nazionale si auto-organizzano in una condizione critica caratterizzata da una forte ipersensibilità (Lippiello, 2003). Una volta raggiunta questa condizione, bastano le piccole scosse, per modificare il sistema provocando reazioni a catena, che possono interessare uno o più blocchi all'interno del sistema.
In questo approccio, l’area crostale è considerata un sistema dinamico altamente non lineare (impossibile stabilire con esattezza il tempo, il luogo e l'intensità del prossimo evento sismico).
I terremoti che accadono su più blocchi interagenti
elasticamente (CONSOLE, FALCONE, 2013) seguono un’organizzazione gerarchica.
Il
modello “Bombe sismiche” (RIGA, 2013) attraverso un processo di gerarchizzazione della sequenza sismica,
individua il processo di preparazione del terremoto e quindi rende il modello
quasi prevedibile.
E’ un modello previsionale abbastanza attendibile applicabile ad un sistema in cui la periodicità diminuisce fortemente e dove in uno stesso evento si possono muovere due o più blocchi contemporaneamente posti su piani diversi.
Il ciclo sismico è diviso in quattro fasi: pre-sismica. co-sismica, post-sismica, inter-sismica dove il passaggio dalla fase inter-sismica a quella pre-sismica coincide con il punto di attivazione o punto d’inizio della fase di rilascio di energia associata alla bomba.
Lo schema evolutivo della bomba sismica associata al terremoto del 20 maggio 2012 (fig.10) è composto di cinque steps evolutivi, da un punto di attivazione datato febbraio 2008, ubicato nella
zona di Bibbiano, da una fase di rilascio di energia di tipo “progressive earthquakes” composta di quattro eventi sismici preceduti da pre-segnali di attenzione (di attivazione di brevissimo periodo), da un foreshock di magnitudo 4.0 Mw accaduto il 19 maggio del 2012 e dal mainshock
di magnitudo 5.8 Mw del 20 maggio.
Figura 10: Struttura delle bombe sismiche dei terremoti del 20 e 29 maggio del 2012. |
La fase post-sismica che segue immediatamente la scossa principale mostra quattro eventi di magnitudo compresa tra 4.8 e 5.0 Mw.
L’energia rilasciata durante la fase di rilascio di energia (fase co-sismica) è stata pari ad una scossa di magnitudo 5.8 M circa, mentre quella rilasciata nelle fasi co-sismica e post-sismica è stata pari ad un evento di magnitudo 5.852 M circa.
Lo schema evolutivo della bomba sismica associata al terremoto del 29 maggio 2012 è composto di cinque steps evolutivi, un punto di attivazione datato 29 maggio, posizionato a SE dell’epicentro del terremoto del 20 maggio ed una fase post-sismica caratterizzata di tre eventi sismici di magnitudo compresa tra 5.0 e 5.3 Mw.
Figura 11:
Epicentri degli eventi più energetici della bomba sismica
del terremoto del 20-05-12. La freccia di colore nero indica la
direzione lungo la quale sono disposti i terremoti più energetici della
fase di accumulo di energia.
|
L’energia rilasciata dal febbraio 2008 fino al 29 maggio 2012 è stata pari ad una scossa di magnituto di 6.0 M circa.
Nella figura 11 sono riportati gli epicentri degli eventi più energetici della fase di accumulo di energia (fase post-sismica e inter-sismica), della fase di rilascio di energia (fase pre-sismica e co-sismica) e del punto di attivazione individuati nella bomba sismica associata al terremoto del 20 maggio del 2012. La mappa evidenzia una maggiore concentrazione di epicentri della fase di accumulo di energia nel settore occidentale dell’area e disposti secondo la direzione SO-NE circa, mentre nella fase di rilascio di energia gli epicentri si concentrano sul settore orientale. Si nota chiaramente come la distribuzione degli epicentri della fase di accumulo e di rilascio di energia, durante la preparazione del terremoto del 20 maggio, sono legati alla interazione di più blocchi crostali.
Figura 12: Distribuzione spazio-temporale degli epicentri e sua evoluzione. La freccia di colore verde indica la direzione di sviluppo della fase di accumulo di energia, le frecce di colore giallo indicano lo sviluppo della fase di assestamento seguita al terremoto del 20 maggio 2012, mentre la freccia di colore rosso indica la direzione di sviluppo della fase di assestamento seguita al terremoto del 29 maggio 2012. I cerchi di colore blu indicano gli epicentri degli eventi sismici registrati tra il 21-04-85 e il 19-05-12, i cerchi di colore rosso gli epicentri delle scosse registrate tra il 20-06-12 e il 20-05-12, mentre i cerchi di colore verde gli epicentri delle scosse registrate tra il 29-05-12 ed il 31-05.12. |
Distribuzione spazio-temporale ed evoluzione degli epicentri dinamici
Figura 13:
Distribuzione
spazio-temporale degli epicentri e
sua
evoluzione dal 20-05-12 al 29-05-2012. La frecce di
colore blu nella figura 5a indicano la direzione di sviluppo
della fase di assestamento tra il 19 ed il 21 maggio,
mentre quelle della figura 5b tra il 24 e il 29 maggio del 2012.
|
Lo sviluppo della sequenza nelle ore successive il terremoto del 20 maggio mostra una distribuzione delle scosse nella parte più settentrionale dell'area ed una migrazione degli epicentri con maggiore magnitudo, prima verso Ovest e poi verso Est (fig. 13a).
Tra il 24 ed il 29 maggio gli epicentri delle scosse di assestamento e gli epicentri dinamici si dispongono secondo la direttrice Est-Ovest e nella parte inferiore dell'area (fig. 13b), sollecitando il settore cui ricade l’epicentro del terremoto del 29 maggio 2012. La migrazione degli eventi sismici è legata alla geometria delle faglie di sovrascorrimento (fig. 6) sepolte sotto ai depositi alluvionali della pianura Padana (Balocchi, Santagata, 2012b).
Figura 14: Migrazione degli epicentri dinamici dal 21-04-85 al 20-05-2012. |
Dai risultati ottenuti (fig. 14), è interessante notare come gli epicentri dinamici abbiano avuto origine nel
2008 a Sud-Ovest dell’area analizzata, all’interno
dell'area del permesso di ricerca Bibbiano, dove ricade anche il punto di attivazione della bomba sismica associata al terremoto del 20 maggio e il terremoto di magnitudo 3.6 ML del 18 giugno 2009 (il secondo in ordine di tempo della fase di rilascio di energia).
Successivamente, gli epicentri dinamici migrano in direzione SO-NE, attraversando le concessioni di Rivalta e Correggio (non più attive) e proseguendo sempre verso NE fino in prossimità della concessione di Mirandola.
Subiscono una deviazione verso SE, per poi riprendere la direzione originaria SO-NE fino a raggiungere la posizione nell'intorno dell’epicentro del terremoto di magnitudo 5.8 Mw del 20 maggio 2012.
Conclusioni
Lo schema evolutivo di medio-breve periodo della sequenza sismica mostra una naturale fase di rilascio di energia di tipo “progressive earhtquakes” iniziata nel mese di febbraio del 2008, caratterizzata da un aumento delle profondità ipocentrale iniziato nel 2000 ed una diminuzione dal mese di dicembre del 2011 al 19 maggio del 2012.
La fase di preparazione del terremoto del 20 maggio inizia nel settore Sud-Ovest dell’area analizzata (area di Bibbiano), dove si è attivata anche la fase di rilascio di energia. Il primo evento della fase di rilascio di energia (3.2 ML del 23 luglio 2008) si trova vicino all’epicentro del terremoto del 20 maggio, mentre il secondo in prossimità del punto di attivazione del 18 giugno 2009 ed il terzo ubicato a 15 km circa a NE dell’epicentro del 20 maggio.
Nell’ultimo ciclo sismico di rilascio di energia iniziato il 25 gennaio del 2012 con un terremoto di magnitudo 4.9 Mw il cui epicentro si è collocato nel settore occidentale dell’area (zona di Cadelbosco di Sopra), il pre-segnale, generato da piccole scosse, viene individuato nel mese di marzo del 2012, mentre la scossa premonitrice di magnitudo 4.0 Mw associata a questo ciclo sismico è accaduta il 19 maggio 2012.
L’evoluzione spazio-temporale della sequenza sismica evidenzia come gli eventi del 20 e 29 maggio 2015 sono accaduti su due strutture differenti: la faglia Media di Ferrara per il primo evento e la faglia
di Mirandola per il secondo evento (Pezzo e al., 2013; Astiz e al., 2014; Chiarabba e al., 2014). Gli epicentri nelle ore successive il mainshock del 20 maggio, mostrano un breve sviluppo verso Ovest delle scosse più energetiche nella fase post-sismica, poi migrano verso Est (fig. 12).
Lo studio sulla migrazione (fig. 14) degli epicentri dinamici presenta alcune osservazioni importanti. In primo luogo, si nota una loro migrazione da SO verso NE dove si allineano anche gli eventi più forti della fase di rilascio di energia. In prossimità della concessione di Mirandola si nota una loro deviazione verso SE, per poi riprendere la direzione originaria.
La posizione del punto di attivazione della bomba sismica associata al terremoto del 20 maggio, conferma un territorio prossimo al punto di rottura già nel mese di febbraio del 2008. I valori energetici registrati e gli schemi evolutivi relativi ai cicli sismici della fase di rilascio di energia che hanno preceduto le scosse del 20 e 29 maggio e la posizione degli epicentri, fanno ipotizzare l’accadimento di due mainshocks connessi. Anche lo studio di giacimento condotto dal Laboratorio Cavone (Astiz e al., 2014), evidenzia come il terremoto del 20 maggio ha prodotto variazioni dello stress di Coulomb (stimati
grossomodo 0.6 MPa) in prossimità dell'ipocentro del terremoto del 29 maggio, quindi tale evento deve essere stato attivato dal mainshock precedente.
I risultati ottenuti con gli algoritmi utilizzati non evidenziano legami tra le attività antropiche della concessione Mirandola e gli eventi di magnitudo 5.8 Mw del 20 maggio 2012 e di magnitudo 5.6 Mw del 29 maggio 2012.
Dallo studio condotto, è possibile classificare come naturale l'evento del 20 maggio 2012, mentre quello del 29 maggio 2012 è da considerarsi attivato dalle sollecitazioni statiche indotte dal primo sisma e dagli eventi più energetici registrati nella prima parte della fase co-sismica.
Al fine di un’analisi più accurata della
sequenza sismica alla scala regionale che porti ad ulteriori conferme dei risultati ottenuti ed in particolare sulle possibili influenze tra attività
antropiche e sismicità dell'area, è necessario disporre
di dati sismici più precisi delle aree relative alle concessioni di Correggio,
Rivalta, Mirandola e del permesso di ricerca Bibbiano.
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