sabato 4 luglio 2015

1703 – Il disastro sull’Appennino e l’esempio di L’Aquila

Nel 1703 un'ampia zona dell'Italia centrale è devastata da una serie di terremoti generati dalla dinamica della catena appenninica, che periodicamente rilascia energia sismica accumulatasi su tempi lunghi. Il quadro tettonico generale del nostro paese, complicato dalle articolate strutture geologiche e dalla segmentazione delle sorgenti sismogenetiche, si caratterizza per lo scontro tra la placca africana ed euroasiatica, di cui l'Appennino rappresenta la zona di collisione. In questo contesto sismo-tettonico si inserisce la grande sequenza sismica del 1703, sviluppatasi tra la metà di gennaio ed i primi di febbraio, a cominciare dall'area nursina, a cavallo tra Umbria e Lazio. Altre scosse provocano danni nell'area reatina ed il 2 febbraio un sisma pari al X grado della scala MCS provoca migliaia di vittime a L'Aquila e nell'alta valle dell'Aterno. Sono i luoghi i colpiti nuovamente dalla più recente crisi sismica dell'aprile del 2009, che ha causato danni gravissimi a L’Aquila e nei piccoli paesi limitrofi. Il capoluogo abruzzese soffre ancora oggi la mancanza di un piano di ricostruzione, che si è limitato all’intervento post-emergenza, lasciando sostanzialmente la città in totale dissesto.

di: Giampiero Petrucci(1) Stefano Carlino(2)


1) Ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: dottgipe@gmail.com).
2) Geofisico dell’Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia e collaboratore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog;
___________________________
GeoResearch Center Italy - GeoBlog, 11 (2015), ISSN: 2240-7847.


Figura 1: La posizione paleo-geografica dell’oceano 

“ligure-piemontese”, un cuneo marino tra la placca 
tettonica euroasiatica e quella africana. La chiusura 
del bacino porterà all’orogenesi alpina ed alla 
formazione della penisola italiana (da www.digilands.it
courtesy Ron Blakey, NAU Geology. Si ringrazia il 
dott. Michele Pregliasco per la gentile concessione).
Nel 1703 un sisma devastante colpisce un’ampia zona dell’Italia centrale, laddove l’Appennino libera periodicamente la sua sismicità. Quest’area ha subìto negli ultimi 50 milioni di anni lenti ma profondi sconvolgimenti tettonici, che hanno trasformato un antico bacino marino, che separava due grandi placche tettoniche, quella Africana a sud e quella Euroasiatica a nord, nell’attuale catena montuosa, come conseguenza della convergenza tra le placche stesse (fig. 1 e 2).
E' ben noto come la geodinamica della catena appenninica sia caratterizzata dal rilascio periodico di energia sismica, che si accumula su tempi relativamente lunghi, tipicamente centinaia di anni, prima di generare forti terremoti. L’energia del terremoto è legata alla dimensione delle strutture sismogenetiche, le faglie, che nella penisola italiana possono produrre terremoti anche con magnitudo superiori a 6.0. Le faglie appenniniche sismogenetiche sono state oggetto di moltissimi studi, per tentare di capire la dinamica dei terremoti italiani. La cinematica attiva tra la placca Africana ed Euroasiatica è dimostrata anche dalle misurazioni eseguite con le moderne reti GPS (Fig. 3), che indicano movimenti della crosta dell’ordine di un centimetro all’anno. Tuttavia, come risaputo, una previsione dei terremoti è impossibile, perché i meccanismi che controllano il reiterarsi della sismicità non sono ancora ben noti, risultano estremamente complessi e non riproducibili sperimentalmente. Oltretutto, nel nostro paese, le complesse strutture geologiche, la cinematica ed il grado di segmentazione delle sorgenti sismogenetiche rendono ancora più tortuoso lo studio della meccanica dei terremoti.

Figura 2: Assetto tettonico e cinematica dei blocchi nel Mediterraneo centrale. 1: dominio continentale africano; 2: dominio continentale africano-adriatico (microplacca Adria); 3: dominio oceanico ionico; 4: settore esterno dell'Appennino trasportato dalla placca Adria; 5-6-7: principali lineamenti tettonici compressivi, estensivi e trascorrenti. Le frecce blu indicano il quadro cinematico di lungo termine (post Pleistocene Medio) rispetto all'Eurasia. AM: Appennino Meridionale; AC: Appennino Centrale; AS: Appennino Settentrionale; ASE: Alpi Sud-Orientali; SV: Sistema di faglie Schio-Vicenza (da: Mantovani e al.,  2011).

Figura 3: Velocità orizzontali medie dei siti GPS 

ottenute dall'analisi dei dati acquisiti nel periodo 
2001-2012 (da: Cenni e al.). I vettori rappresentano 
la velocità dei siti rispetto alla placca Euroasiatica. 
I colori identificano le aree caratterizzata da ampiezza 
uniforme della velocità media che risulta maggiore 
sul lato orientale della catena appenninica 
(da: Mantovani et al., 2013).
In questo contesto tettonico, si verifica la sequenza sismica del 1703, tra la metà di gennaio ed i primi giorni di febbraio, quando i paesi appenninici sono coperti da copiose coltri di neve. La prima scossa si verifica nel tardo pomeriggio del 14 gennaio, con un’intensità pari al grado XI della scala Mercalli, ed epicentro ad est di Cascia, cittadina posta circa 50 km a nord dell’Aquila, la cui parte alta è interamente distrutta.
I danni maggiori si registrano poco più a nord, nella cosiddetta area nursina. A Norcia crollano almeno tremila edifici tra cui una dozzina di palazzi ecclesiastici; le mura di cinta della città sono parzialmente distrutte ed il 30% della popolazione perisce in seguito ai crolli. Gravissimi danni si hanno anche a Montereale dove muore l’80% degli abitanti (fig. 4).
Il sisma colpisce duramente l’area a cavallo di Umbria e Lazio, con
Figura 4: La diffusione delle intensità macrosismiche 

stimate nelle scosse del 14 gennaio e 2 febbraio 1703. 
Gli epicentri sono posti rispettivamente nei pressi 
di Cascia e L'Aquila (da www.emidius.mi.ingv.it). 
numerosi crolli nelle cittadine di Maltignano, Monteleone, Accumoli, Chiavano, Cittareale, Amatrice, Preci, Antrodoco, Cittaducale, Leonessa, Spoleto, Val Nerina e Rieti. Si segnalano lesioni e piccoli crolli anche a L’Aquila dove però, in questa prima fase, non si registrano vittime. Da un punto di vista sismotettonico l’origine del terremoto viene identificata nel sistema di faglie di Norcia, già in passato sorgente responsabile di eventi simili. Il sisma causa grande stravolgimento nei territori colpiti, le colture ed i pascoli vengono abbandonati, l’ordine pubblico è compromesso, al punto che le autorità ecclesiastiche (la zona è parte integrante dello Stato Pontificio) sono costrette a promulgare un lungo coprifuoco.

Figura 5: Una mappa di L'Aquila alla fine del XVII secolo. La città fu semidistrutta dal terremoto del 1703 (dal libro "Il Regno di Napoli in prospettiva diviso in dodici Province", di G.B. Pacichelli).

Due giorni dopo, il 16 gennaio, un’altra scossa, con intensità massima dell’VIII grado della scala Mercalli, provoca ulteriori danni. L’epicentro è localizzato più a sud del precedente. L’area reatina e l’alta valle dell’Aterno soffrono i danni più ingenti, mentre a L’Aquila si verificano altri crolli e lesioni. Ben più grave però è quanto accade nel capoluogo abruzzese il 2 febbraio. La mattina del giorno della Candelora, quando molti fedeli sono riuniti nelle chiese per la festività religiosa, un terremoto del X grado della scala Mercalli colpisce la città, causando almeno tremila vittime, circa il 30% della popolazione. Moltissime costruzioni, probabilmente già indebolite dalle scosse precedenti, crollano, mentre circa l’80% degli edifici monumentali subisce lesioni gravi. Tra questi la chiesa di S. Domenico, dove 800 persone sono sepolte dalle macerie, la basilica di S. Bernardino e la cattedrale. L’area sud-occidentale della città, in particolare i quartieri di S. Giovanni e S. Giorgio, è quella che soffre i danni maggiori (fig. 5). Con epicentro individuato nell’alta valle dell’Aterno, il terremoto causa gravi danni anche ad Arischia, con 400 morti, Onna, Pizzoli, Barete, Scoppito, Cagnano, e Castelnuovo. Nella valle dell’Aterno si registrano anche diverse frane e fenomeni di liquefazione del terreno (fig. 6).
Figura 6: La diffusione delle intensità macrosismiche 

stimate nella scossa del 2 febbraio 1703. L'epicentro 
è situato nell'alta valle dell'Aterno (fonte INGV, mappa 
consultabile all'indirizzo internet: 
Il conteggio delle vittime rimane incerto, ma pesante: ufficialmente si registrano 10.000 decessi, ma è probabile che questa stima sia stata eseguita per difetto. Il sisma viene chiaramente avvertito a Roma dove circa duemila edifici (tra cui S. Pietro, Colosseo, Mura Aureliane e Cappella Sistina) subiscono lesioni di varia entità, mentre la popolazione fugge nelle campagne, sollecitata anche da voci di popolo circa una presunta apparizione della Madonna al Papa Clemente XI, che sarebbe stato informato di una prossima fine della città. Gravi episodi di sciacallaggio si verificano per tutto il territorio colpito dal sisma e i governanti faticano sia a mantenere l’ordine pubblico che a impegnarsi negli aiuti. Il Papa sospende per i successivi dieci anni il pagamento delle tasse, ma non eroga fondi a favore delle città colpite. Gli aiuti economici limitati e lo scarso interesse nella ricostruzione dei territori colpiti saranno alla base del parziale spopolamento di L’Aquila, che per un decennio continuerà a vivere in una situazione economica ed edilizia precaria. L’evento, inevitabilmente, rimarrà a lungo nella memoria collettiva degli aquilani, ed avrà ripercussioni di lungo termine anche sulla cultura popolare. A seguito di questi eventi drammatici saranno infatti modificati i colori cittadini, non più bianco e rosso, ma nero, a segnalare il lutto, e verde, la speranza. Cambieranno anche alcuni costumi sociali come il carnevale aquilano che non inizierà più, come da tradizione, prima della Candelora.

Figura 7: Velocità geodetiche derivate dall'analisi 

dei dati GPS registrati PRIMA (vettori blu) e DOPO 
(vettori rossi) il terremoto del 06 aprile 2009 nelle 
stazioni situate entro un raggio di 140 km dall'epicentro 
(stella gialla). Si notano variazioni nelle differenze di 
velocità piuttosto marcate, con rotazione dei vettori 
addirittura fino a 90° (da: Mantovani et al., 2012). 
Una sequenza sismica, quella del 1703, che riconduce inevitabilmente a quanto accaduto con il terremoto del 2009 (fig. 7), quando a fronte di un intervento efficace in fase di emergenza, si verificherà l’assenza di piani esaustivi per la ricostruzione del centro storico aquilano. L’Aquila appare oggi come una città senza tempo. La mancata programmazione sul lungo termine per la ricostruzione del capoluogo abruzzese ha determinato l’abbandono della città, con interventi che si sono limitati alla messa in sicurezza delle strade e allo sgombero delle macerie. Un tentativo di ricostruzione, partito in ritardo, ha privilegiato le periferie e poche strade del centro, creando un confine di diseguaglianza e di malcontento. Anche la famigerata new town, che in parte è già in rovina (per la pessima qualità dei materiali utilizzati), si è dimostrata un totale fallimento. Gli avvenimenti legati alla ricostruzione post-sisma del 2009 di L’Aquila rappresentano certamente il peggior esempio di gestione programmatica di un territorio, le cui ferite inferte sono ancora aperte. Tra slogan elettorali e promesse politiche hanno prevalso le logiche del profitto personale e il malaffare, lasciando una città in cui i centri commerciali, invece delle piazze monumentali, sono diventati i nuovi luoghi di aggregazione. Ad oltre sei anni dal terremoto, i cittadini attendono ancora di conoscere il destino della città.

Riferimenti bibliografici
Baratta M. (1901); Terremoti d'Italia. Fratelli Bocca
Castelli V., Camassi R. (2004); A che Santo votarsi. L'influsso dei grandi terremoti del 1703 sulla cultura popolare. Atti Convegno Studi Settecento Abruzzese. Eventi sismici, mutamenti economico-sociali e ricerca storiografica, pp. 49-51
Cello G., Mazzoli S., Tondi E. (1998); The Crustal Fault Structure Responsible for the 1703 Earthquake Sequence of Central Italy. Journal Geodynamics, Vol. 26, n. 2-4, pp.443-460
De carolis P. (1703); Relazione generale delle ruine e mortalità cagionate dalle scosse del terremoto de' 14 gennaro e 2 febbraro 1703 in Norcia e Cascia, e loro contadi, compresi li Castelli delle Rocchette e Ponte, Giurisdizione di Spoleto
Galadini F. Galli P. (2004); Inquadramento sismotettonico della regione interessata dai terremoti del 1703 e 1706. Atti Convegno Studi Settecento Abruzzese. Eventi sismici, mutamenti economico-sociali e ricerca storiografica, pp. 17-41
Galli P., Galadini F., Calzoni F. (2005); Surface Faulting in Norcia (Central Italy): a Paleoseismological Perspective. Tectonophysics, 403, pp.117-130
Guidoboni E. e al., (2007); CFTI4Med, Catalogue of Strong Earthquakes in Italy (461 B.C.-1997) and Mediterranean Area (760 B.C.-1500). INGV-SGA. Consultabile all'indirizzo internet:  http://storing.ingv.it/cfti4med/quakes/00953.html.
Mantovani E. e al., (2011); Sismotettonica dell'Appennino Settentrionale. Implicazioni per la pericolosità sismica della Toscana. Regione Toscana, Centro Stampa Giunta Regione Toscana. Consultabile all'indirizzo internet: http://www.rete.toscana.it/sett/pta/sismica/index.shtmlww.regione.toscana.it.
Mantovani E. e al., (2012); Potenzialità sismica della Toscana e definizione di criteri per interventi di prevenzione. Regione Toscana, Centro Stampa Giunta Regione Toscana. Consultabile all'indirizzo internet: http://www.rete.toscana.it/sett/pta/sismica/index.shtmlww.regione.toscana.it.
Mantovani E. e al., (2013); Assetto tettonico e potenzialità sismica dell'Appennino Tosco-Emiliano-Romagnolo e Val Padana. Regione Toscana e Regione Emilia-Romagna, Centro Stampa Regione Emilia-Romagna. Consultabile all'indirizzo internet: http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/geologia/servizio-geologico-sismico-suoli e http://www.rete.toscana.it/sett/pta/sismica/index.shtmlww.regione.toscana.it.
Petrucci G., (2012); Esclusiva MeteoWeb: tutti i terremoti con magnitudo superiore a 5.5 della storia d’Italia. MeteoWeb. Consultabile all’indirizzo internet: http://www.meteoweb.eu/2012/06/esclusiva-meteoweb-tutti-terremoti-con-magnitudo-superiore-5-5-della-storia-ditalia/141308/.
Signorino M., Mauro F. (2006); Disastri naturali - conoscere per prevenire. ISAT

Nessun commento:

Posta un commento