Giulio Riga(1), Paolo Balocchi(2)
Riassunto: allo stato
attuale delle conoscenze scientifiche non è possibile rispondere con certezza
assoluta su dove e quando l’evento sismico distruttivo si verificherà e sulle
caratteristiche che avrà. Lo studio seguente, basato sull’analisi delle
variazioni spazio-temporali della sequenza sismica de L’Aquila 2009, vuole
dimostrare come prima del terremoto erano presenti degli elementi
potenzialmente sfruttabili nel breve e brevissimo periodo, al fine di definire
la sua evoluzione temporale. L’analisi della struttura della “bomba sismica” associata al terremoto
de L’Aquila mostra uno schema gerarchizzato di tipo “progressive earthquake”, caratterizzato da un aumento temporale del
tasso di sismicità. Inoltre La
focalizzazione dell’evento sismico con il modello sperimentale “Previsio”
fornisce un valore coerente con quello del mainshock
del 06 aprile 2009. E’ opinione degli Autori che la sismicità
rappresenta un potenziale precursore, che oltre a caratterizzare la sequenza,
può dare informazioni utili sula possibile localizzazione e magnitudo di un
futuro mainshock.
(1) Geologo,
ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: giulio.riga@tin.it);
(2) Geologo,
ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog
____________________________________
GeoResearch Center Italy - GeoBlog, 12 (2015), ISSN: 2240-7847.
Introduzione
Prevedere un terremoto significa stabilire in maniera precisa il tempo, il luogo e
l’intensità del prossimo evento sismico. Allo stato attuale delle
conoscenze scientifiche non è possibile rispondere con certezza assoluta su
dove e quando l’evento sismico distruttivo si verificherà e sulle
caratteristiche che avrà (Peppoloni,
2014).
Attraverso
questo studio, basato sull’analisi delle variazioni spazio-temporali della
sismicità, si vuole dimostrare come prima del
terremoto de L’Aquila 2009, erano presenti degli elementi potenzialmente
sfruttabili nel breve e brevissimo periodo, al fine di definire la sua
evoluzione temporale.
In
particolare, sono esaminate alcune caratteristiche dei foreshocks registrati durante la fase di rilascio di energia, la
loro tendenza ad aumentare cronologicamente di magnitudo e la focalizzazione
delle profondità ipocentrali e degli epicentri.
Analizzando
i foreshocks, abbiamo elaborato una
procedura grafica semplice, per stimare la magnitudo del terremoto atteso in
funzione della loro posizione temporale nello schema della fase di rilascio di
energia.
Infine,
si introduce un metodo di gerarchizzazione della sequenza sismica (bomba
sismica)(Riga, 2013; Riga, Balocchi, 2015) per evidenziarne lo stato evolutivo fin dal primo stadio,
il punto di attivazione e la struttura della fase di rilascio di energia.
Tettonica e sismotettonica regionale
La catena appenninica è il risultato della collisione e post-collisione tra i blocchi continentali europeo ed adriatico, sviluppata negli ultimi 30 Ma, dopo la chiusura dell’interposto oceano Ligure-Piemontese (fase di subduzione oceanica) incominciata durante il Cretaceo (circa 100 Ma). La fase di
subduzione ha generato un prisma di accrezione successivamente coinvolto nella storia collisionale e post-collisionale, durante la quale si è costruito il sistema di pieghe e sovrascorrimenti appenninico a spese del margine continentale di Adria. Tale evoluzione, progressivamente più recente verso l’avampaese adriatico, è connessa alla migrazione verso oriente del fronte compressivo del sistema orogenetico catena-avanfossa-avampaese. La migrazione è stata accompagnata, a partire dal Miocene medio, dallo sviluppo di una distensione crostale del mare Tirreno, insieme alla parallela migrazione del fronte distensivo che ha portato allo sviluppo di sistemi di faglie normali neogenico-quaternarie che hanno dislocato le strutture della catena e generato depressioni tettoniche talvolta intramontane, in cui si sono deposte successioni sedimentarie da marine a continentali.
Attualmente la zona costiera è interessata da un regime di tettonica compressiva, mentre un regime distensivo si manifesta lungo la dorsale appenninica, come evidenziato dalla distribuzione della sismicità (fig. 1).
Da un punto di vista sismotettonico, cioè di relazione fra sismicità e processi tettonici (fig. 1), è ormai chiaro da numerosi studi geologici che la sismicità dell’area appenninica abruzzese è prevalentemente legata a processi di distensione crostale, in particolare per tutta l’area ad ovest del Gran Sasso-Morrone-Pizzalto-M. Arazecca. Il campo deformativo Plio-Quaternario, tuttora attivo, è caratterizzato da un asse di massima estensione sub-orizzontale orientato in direzione SW-NE, come indicato sia da dati geologico-strutturali che da meccanismi focali dei terremoti (Lavecchia et al., 1994; Boncio, Lavecchia, 2000a). Tali processi estensionali sono responsabili della formazione e movimento, con associati terremoti, di faglie dirette e transtensive, osservabili in superficie, ben definibili in termini di lunghezza, giacitura e cinematica e spesso caratterizzate da evidenze di attività nel Pleistocene superiore – Olocene (ultimi 125.000 anni)(Barchi et al., 2000), talvolta con evidenze dirette di
dislocazione co-sismica superficiale in occasione di forti terremoti (es. Avezzano 1915).
Le faglie attive dell’area appenninica abruzzese (fig. 1) sono organizzate in tre principali allineamenti (fault system regionali), che si sviluppano con direzione media NNW-SSE. Tali allineamenti alternano segmenti principali, a direzione NNW-SSE, a segmenti secondari a direzione NW-SE ed E-W. Da est verso ovest, questi allineamenti sono denominati:
- allineamento esterno “M.te Vettore-Gran Sasso-Porrara”;
- allineamento intermedio “media valle dell'Alterno”;
- allineamento interno “Valle del Salto-Avezzano-Barrea”.
La sismicità che si localizza fra l’area appenninica e l’Adriatico, in particolare, i terremoti della Maiella del 1706 e del 1933 oppure, spostandosi verso nord, il terremoto del Gran Sasso del 1950 (intensità VIII MCS) e quelli del teramano (es. 1888, intensità VII MCS). Per analogia con l’adiacente area sismica marchigiana, e sulla base dei pochi meccanismi focali disponibili per l’area costiera adriatica, è possibile inquadrare tale sismicità in un contesto tettonico di raccorciamento crostale e sovrascorrimento lungo una zona di taglio ovest-immergente che accavalla le strutture appenniniche sull’avampaese (Thrusts Adriatico)(Lavecchia et al., 2003). A deformazioni di avampaese, cioè localizzate al letto del Thrusts Adriatico, sarebbero invece legati i terremoti del Teatino avvenuti nel XIX secolo (1881 e 1882; intensità massima dell’VIII grado MCS).
Gran parte dell’attività sismica, invece, è localizza nell’area di catena, all’interno di una fascia interessata da deformazioni distensive definita come extensional belt system (Lavecchia e al., 2012). Tale sistema estensionale è rappresentato da faglie normali e oblique di età quaternaria con direzione media da NNW-SSE a NW-SE. Tali strutture presentano una immersione media verso SW, mostrando una geometria en-echelon in corrispondenza dei principali allineamenti regionali (Boncio e al., 2004).
L'area epicentrale della sequenza de L’Aquila è attraversata da due allineamenti di faglia che corrono lungo l'asse della catena da Gubbio a Colfiorito, Norcia, L'Aquila e la
media valle dell'Alterno (MAV in fig. 1) e l'altra più esterna, da Monte Vettone a Monte Gorzano e la testa del Gran Sasso e verso sud fino al Morrone-Porrara (segnati come V, G, GS, M e P in fig. 1).
Un terzo allineamento estensionale e non coinvolto nella sequenza sismica de L'Aquila è rappresentato da strutture più interne dalla valle Salto al Bacino del Fucino e la valle del Sangro (segnati come SaV, FB e SV in fig. 1).
I meccanismi focali dei principali eventi strumentali indicano faglie a cinematica normale e normale-obliqua con una direzione di massima estensione regionale NE-SW, attiva dal Quaternario (Boncio e al., 2004; D'Agostino e al., 2008) .
La sequenza sismica de L’Aquila è distribuita lungo tre strutture principali con immersione SW: il sistema delle faglie di Paganica, quello di Gorzano e Montereale (fig. 2). Tali strutture mostrano una geometria a en-echelon entro un'area che rappresenta la principale sorgente di terremoti dell'Abruzzo (Lavecchia e al., 2006; 2012). Il terremoto principale di magnitudo
6.1 Mw del 6 aprile 2009 si è nucleato alla profondità di 9,5 km, in corrispondenza dell'intersezione di due piani di faglia del sistema di Paganica, orientati differentemente.
Gli aftershocks durante la sequenza de L'Aquila si sono distribuiti in corrispondenza della faglia di Monreale, riattivata ad una profondità compresa tra i 6 e 11 km. Tale struttura ha giocato un ruolo di collegamento tra le faglie di Paganica e Gorzano. Inoltre, la distribuzione degli aftershocks evidenziano la presenza di una struttura nascosta e immergente verso est con una inclinazione a basso angolo (circa 35°) denominata faglia di Ocre, e localizzata ad una profondità tra gli 11 e 16 km entro il blocco di letto della faglia di Paganica. La faglia di Ocre si è riattivata durante la sequenza de L'Aquila con l'evento di magnitudo 5.4 Mw del 7 aprile. Tale struttura gioca un ruolo di scollamento basale, ed è legata alla faglia di Paganica in analogia alla faglia Altotiberina associata alle strutture secondarie (es. Gubbio) nell'Appennino Umbro (Brozzetti e al., 2009, Balocchi e al., 2014; 2015).
La sequenza de L'Aquila non si è propagata nel tempo attraverso diversi segmenti di faglia, come nel caso di precedenti sequenze dell'Appennino centrale (Boncio, Lavecchia, 2000b; Chiaraluce e al., 2005), ma piuttosto è “saltata” dalla faglia di Paganica a quella di Gorzano, in corrispondenza di differenti sorgenti separate in profondità ma sismologicamente connesse (Lavecchia e al., 2012).
Sismologia
Figura 3:
Andamento degli eventi nel cluster dal 17 febbraio
2007
al 06 aprile 2009. I cerchi di colore rosso indicano la
serie di eventi sismici
che compongono il cluster.
|
Il 6 aprile 2009 alle ore UTC 01:32:40 la zona sud-ovest della città de L’Aquila è stata colpita da un forte terremoto di magnitudo 6.1
Mw con ipocentro ubicato a 8.3 km di profondità.
L'evento principale è stato preceduto da un
cluster composto di 48 scosse che si
è sviluppato con un andamento NW-SE circa concorde con la direzione del piano
della faglia.
La serie di eventi sismici che
compongono il cluster è iniziata alla
fine di febbraio del 2009 ed ha interessato esclusivamente la zona dell'aquilano
(fig. 3).
Dal
16 gennaio del 2009 si nota un importante gruppo di eventi con una tendenza evolutiva
in direzione NNW-SSE, che può essere identificata come il piano della faglia di
Paganica (fig. 4a).
Durante la fase di rilascio di energia gli
epicentri degli eventi più energetici si dispongono secondo la direttrice SW-NE
circa. In particolare, si ha un primo
rilascio di energia il 30 aprile 2009 (cerchio A in fig. 4a) nella parte più a SW del cluster ed una
successiva migrazione degli epicentri dei terremoti più energetici verso NE
(cerchio B in fig. 4a) dal 05 aprile al 06 aprile 2009, seguita
da un significativo aumento della sismicità.
Figura 5: Velocità della migrazione dei terremoti di magnitudo M≥3.1. |
La posizione
dell’epicentro del foreshock del 06 aprile
di magnitudo 3.9 Mw rispetto al mainshock,
fornisce l’indicazione sulla direzione dello sviluppo in direzione SE-NW circa,
relativa alla fase di assestamento seguita dal forte terremoto del 6 aprile
2009.
L’andamento delle
profondità ipocentrali mostra un progressivo approfondimento degli eventi da NE
verso SW (fig. 4b).
Da metà febbraio alla scossa
principale, la migrazione dei terremoti di magnitudo M≥3.1 (fig.5) si è sviluppata
con una velocità decrescente (da 1.12 km/giorno a 0.10 km/giorno), verso il
punto di inizio della rottura principale.
|
Il transitorio rallentamento potrebbe aver causato un aumento del carico di stress sul principale punto di nucleazione (cerchio B in fig. 4a) e
quindi potrebbe aver giocato un ruolo fondamentale nella fase preparatoria del terremoto
del 6 aprile 2009.
È interessante notare che la velocità di migrazione prima della scossa
principale è stata più bassa rispetto ai terremoti della zona di subduzione (Sugan e al.,
2014).
L’andamento dei valori di magnitudo nella
sequenza di lungo periodo (fig. 6), mostra un primo evento di magnitudo 4.5 Md
Figura 7:
Numero di eventi mensili registrati dal
01 gennaio 2005
al 06 aprile 2009.
|
registrato il 15 agosto 1985 seguito da un foreshock
di magnitudo 4.0 Mw del 30 marzo 2009 ed
infine il mainshock di magnitudo 6.1
Mw del 6 aprile 2009.
L’andamento
temporale delle profondità ipocentrali evidenzia un volume
sismogenetico che interessa i primi 40 km di crosta e due strati sismici ben
distinti, di cui il primo a circa 5 km
di profondità ed il secondo a 10 km.
Il
numero di terremoti registrati dal 01 gennaio
2005 al 05 aprile 2009 (fig. 7), mostra le tipiche fluttuazioni “organizzate”
dei tassi di sismicità naturale, fino al mese di dicembre 2008, metre dall’inizio del 2009 si
registra un aumento graduale del tasso di sismicità, fino a
raggiungere un picco di 32 eventi nel mese di marzo 2009. Analogamente è
aumentato anche il valore della magnitudo.
Figura 8:
Andamento temporale dei valori di
magnitudo
e delle profondità ipocentrali dal 27 luglio 2006 al
06 aprile 2009.
|
La sequenza di
breve periodo (fig. 8), mostra nel corso della prima parte del 2009 una fase di accumulo di energia caratterizzata
da valori di magnitudo inferiori a 3.2 ML.
In seguito, dopo la scossa di magnitudo 4.0 Mw registrata
il 30 marzo 2009, nel grafico si individua uno schema evolutivo di tipo “progressive
erathquake” (Riga, Balocchi,
2015) composto da due cicli sismici ben definiti
(cicli di 1° e 2° ordine).
Il dettaglio,
dopo gli eventi di 3.2 ML e 4.0 Mw rispettivamente del 22 febbraio e del 30 marzo
2009, mostra un aumento progressivo dei
valori di magnitudo che fa ritenere molto probabile
la formazione di un successivo ciclo sismico di brevissimo periodo
caratterizzato da un maggiore numero di scosse, da una forte impulsività e direzionalità
sismica tipica dell’ultimo ciclo dello schema evolutivo “progressive earthquake”.
Figura 9:
Andamento temporale
dei valori di magnitudo
e delle profondità ipocentrali dal 06 aprile 2009 al
30 aprile 2009.
|
L’andamento temporale delle profondità ipocentrali tra il 27 luglio 2006
e il mese di Gennaio 2009 (fig. 8) mostra un volume sismogenetico che diminuisce progressivamente nel tempo ed uno
strato sismico che nel mese di Febbraio del 2009 si focalizza alla profondità
di circa 10 km circa (gli ipocentri profondi e superficiali convergono anticipando così l’inizio della crisi sismica).
La fase di assestamento che è
seguita al terremoto del 6 aprile 2009 si è mossa delineando una struttura
discendente ben definita fino a raggiungere il 30 aprile e nel mese di agosto, valori rispettivamente
sotto il 50% e il 90% del valore massimo.
Nel corso del mese di aprile sul grafico dell’andamento temporale dei valori di magnitudo e
delle profondità ipocentrali (fig. 9), si nota un primo ciclo sismico
caratterizzato da una fase di rilascio di energia terminata il 7 aprile con un evento di magnitudo 5.4 Mw.
La fase è stata preceduta da una focalizzazione delle profondità ipocentrali intorno
ai 10 km e successivamente da un’espansione dei valori con oscillazione nella fascia
tra i 5 e i 20 km circa.
|
La distribuzione spaziale degli epicentri
delle scosse registrate durante la fase di assestamento e le direzioni di sviluppo (fig. 10), identifica da
due fasce orientate in direzione NW-SE
di circa 40 km di lunghezza, coerenti con i piani di faglia, ma con direzione
di sviluppo inversa rispetto a quella della fase di rilascio di energia
(NW-SE).
L’assestamento legato alla scossa
principale è allineato lungo un piano NW-SE
con immersione a SW e si
localizza tra 2 e 22 km di profondità, mentre l’assestamento secondario legato
alla scossa di magnitudo 5.0 Mw registrata il 6 aprile alle ore 23:15:36 UTC è allineato
lungo la direzione SE-NW.
Nel complesso , la direzione della sequenza
di assestamento in esame si è sviluppata lungo le strutture sismogenetiche del
sistema di Paganica e di Gorzano, quest’ultima rimasta passiva durante la fase
di rilascio di energia.
Bomba sismica
Lo schema della bomba sismica (Riga, 2013) associata al terremoto del 6
aprile 2009 (fig. 11), evidenzia una fase di accumulo di energia (post-sismica
e inter-sismica) composta di cinque
stadi evolutivi seguiti dal punto di attivazione (fase pre-sismica) datato 22
febbraio 2009. Nella fase di rilascio di energia (co-sismica) è di tipo “progressive earthquake” (Riga, Balocchi, 2015), nel quale l’ampiezza della componente ciclica (la
magnitudo) aumenta progressivamente nei cicli sismici che si susseguono, caratterizzati da un processo di
sviluppo simile.
La fase di rilascio di energia
è iniziata con un primo foreshock di
primo ordine di magnitudo 3.2 ML accaduto il 22 febbraio del 2009 al quale è
seguito un secondo foreshock sempre di
primo ordine di magnitudo 4.0 Mw il 30 marzo 09 ed infine un terzo foreshock di secondo ordine di magnitudo
3.9 Mw (precursore sismico di brevissimo periodo) accaduto il giorno prima del mainshock.
Le scosse più energetiche della
fase di rilascio di energia ad eccezione del mainshock sono state precedute da pre-segnali di attenzione (punti
di attivazione di brevissimo periodo).
|
Gli epicentri delle scosse che
hanno caratterizzato la bomba sismica si sono posizionati lungo la direzione NW-SE
(fig. 11) circa che coincide con quella
della struttura sismogenetica di Paganica interessata dal terremoto del 6
aprile.
L’energia
rilasciata durante la fase di accumulo
di energia (fase post-sismica ed inter-sismica)
è stata pari ad una scossa di magnitudo 4.55 M, quella rilasciata nella
fase di rilascio di energia pre-evento è stata pari ad un evento di magnitudo
4.262 M circa, mentre l’energia totale rilasciata è stata pari a 6.0116 M.
In
base allo schema della fase di rilascio di energia, non si tratta di uno
“sciame", ma di una sequenza di secondo
tipo composta di “foreshocks, mainshock e
aftershocks”, dove il meccanismo della sequenza dei foreshocks di magnitudo crescente può essere riconosciuto come
importante precursore.
Il processo di preparazione del forte
terremoto, visibile nello schema della bomba sismica (fig. 11), ha avuto una
relazione diretta con le rocce mediamente omogenee presenti nel volume crostale
analizzato, sottoposte a medio pre-stress
tettonico (Chen,
Knopoff, 1987).
Figura 12: a) migrazione dei valori
di longitudine e latitudine dal 17
febbraio 2007 al 06 aprile 2009: b) la stella di colore rosso indica
l’epicentro del
mainshock, il cerchio
di colore verde l’epicentro
determinato con il modello sperimentale “Previsio”, i cerchi di colore
nero indicano gli epicentri delle scosse più energetiche
della fase di
rilascio di energia, mentre le fasce colorate indicano la variazione
spaziale dei valori di magnitudo.
|
Elementi previsionali
Nella figura 12 sono riportati l’andamento
temporale dei valori di longitudine e latitudine dal 17 febbraio 2007 al 06 aprile 2009 e la
posizione spaziale degli eventi
sismici più energetici della fase di rilascio di energia, mentre nella figura
13 sono riportati i grafici delle distanze tra gli epicentri e quelle cumulate.
Figura 13: Andamento delle distanze tra gli epicentri e delle distanze
cumulate dal 17 febbraio 2007 al 06 aprile 2009. Le frecce di colore
nero e le date indicano l’inizio delle
focalizzazioni delle distanze
cumulate.
|
Sono presenti due focalizzazioni degli eventi sismici. La prima inizia il
16 gennaio 2009 seguita da una seconda alla fine del mese di febbraio (27
febbraio 2009) in cui le distanze tra gli epicentri oscillano nel range 0-5 km. Inoltre è possibile notare
la vicinanza tra l’epicentro determinato con il modello sperimentale “Previsio”
(i valori previsti sono: Lat. 42.326, Long.=13.376) e quello del mainshock del
6 aprile 2009 (fig. 12b). Si nota anche la migrazione degli epicentri delle
scosse più energetiche lungo la direzione SW-NE circa.
La
focalizzazione delle distanze tra gli epicentri è ben rappresentata dal cambio di
pendenza della retta delle distanze cumulate (fig. 13) tra gli epicentri dei terremoti
accaduti nell'area e nella finestra temporale esaminata.
I risultati sperimentali
ottenuti analizzando diverse sequenze sismiche, dimostrano che la focalizzazione delle profondità ipocentrali
e dei valori di longitudine e latitudine precedono spesso i forti terremoti.
L’analisi della posizione e dei
valori di magnitudo dei due foreshock
che hanno contraddistinto la fase di rilascio di energia (fig. 14), attraverso
il modello sperimentale “Previsio”, evidenzia
una forte correlazione tra il numero progressivo di eventi ed i valori di
magnitudo e consente di individuare con
precisione l’estensione del terzo ciclo sismico ed il suo target teorico dinamico
finale, proiettando la retta passante per i due foreshock fino al punto di calcolo previsto (valore dinamico).
|
Il valore di magnitudo del terreno del 6
aprile (evento n. 58) ottenuto applicando questa semplice procedura è di circa
6.1.
L’andamento della distribuzione temporale
dei valori di magnitudo e delle profondità ipocentrali tra il 30 marzo e il 5
aprile 2009 è riportato nella figura 15.
Si nota una migrazione
degli ipocentri all’interno di una fascia i cui limiti
superiore ed inferiore
sono posti tra 9.4 e 10 km ed uno slittamento della zona di rottura verso la
superficie (dal basso verso l’alto) dove avviene il terremoto del 6 aprile,
compatibile al tipo di faglia a cinematica normale (Doglioni e al.,
2015).
Figura 15:
Andamento temporale dei valori di
magnitudo e
delle profondità ipocentrali degli eventi più energetici dal 30
marzo
2009 al 06 aprile 2009.
|
Nello stesso periodo sono stati analizzati
i valori di magnitudo che mostrano un analogo andamento ed oscillazione
pre-evento comprese nel range 3.0-4.0 Mw.
Conclusioni
La metodologia seguita in questo studio, ha
avuto lo scopo di analizzare nella finestra temporale pre-evento il flusso
sismico, caratterizzato da una fase di rilascio di energia, e prevederne la sua
evoluzione.
In particolare, sono stati analizzati
l’incremento nel tempo del tasso di sismicità e dei valori di magnitudo e i processi di
focalizzazione delle profondità ipocentrali e degli epicentri.
L’analisi della struttura della bomba
sismica associata al terremoto del 6 aprile mostra una fase di rilascio di
energia che si è attivata nel mese di febbraio del 2009 i cui valori di magnitudo degli eventi più energetici configurano
uno schema evolutivo di tipo “progressive
earthquake” (Riga, Balocchi, 2015) ben strutturato e
caratterizzato da un aumento temporale del tasso di sismicità.
Dal punto di vista temporale, l’analisi dei
valori di magnitudo dei due foreshock
della fase di rilascio di energia ha fornito, attraverso una procedura grafica,
un valore di magnitudo della scossa principale
di 6.1 M (fig. 14) entro il breve
periodo, mentre il foreshock di secondo ordine del 5 aprile 2009 di magnitudo 3.9
Mw, ha fornito un segnale di attenzione
di brevissimo periodo.
Un altro elemento previsionale
è fornito dalla focalizzazione delle profondità ipocentrali intorno alla profondità 9-10 km (9.83
stimata dal modello sperimentale “Previsio”)
fin dal mese di febbraio del 2009.
Anche sul grafico dei valori di longitudine
e latitudine (fig. 12) degli epicentri che hanno preceduto l’evento sismico del
6 aprile, si nota una focalizzazione all’interno di un range molto stretto. L'analisi della ricerca dell’epicentro dinamico eseguita
con il modello sperimentale “Previsio” (Riga, Balocchi, 2015), ha fornito valori (Lat. = 42.326
Long. = 13.376) coerenti con quelli del mainshock
(fig. 12b).
La posizione dell’epicentro del foreshock di magnitudo 3.9 Mw rispetto a
quello del mainshock ha fornito
indicazioni sulla direzione di sviluppo della fase di assestamento.
I risultati ottenuti, suggeriscono che l’analisi
della sismicità rappresenta un potenziale precursore al fine di ottenere
informazioni utili alla localizzazione dell’evento principale. Infatti,
dall’analisi della sequenza sismica de L’Aquila, nella finestra temporale
pre-evento, è caratterizzata dalla presenza di precursori sismici di breve e brevissimo
periodo, potenzialmente sfruttabili al fine di definire l’epicentro, la
profondità ipocentrale e la magnitudo del terremoto principale del 6 aprile
2009.
Bibliografia
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ciao Paolo, avete provato anche per la sequenza emiliana?
RispondiEliminaIn un prossimo articolo ci saranno alcuni risultati delle analisi sul terremoto Emiliano
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