venerdì 14 dicembre 2012

Regime dello stress tettonico attuale della microplacca Adria (Pianura Padana-Veneta)

Paolo Balocchi (1)





Riassunto: La placca Adria geograficamente è collocata lungo la Pianura Padana-Veneta e lungo il mare Adriatico. Tettonicamente rappresenta un promontorio della placca Africana, e la sua interrazione con la placca Europea determina il corrugamento Alpino e Appenninico. Attraverso lo studio dei meccanismi focali dei principali eventi sismici, è stato possibile definire l’assetto dell’ellissoide dello stress tettonico, in termini di direzione di massima compressione e di massima tensione. Lo studio ha evidenziato come il settore del Sudalpino sia soggetto ad una netta compressione, testimoniata dai meccanismi focali di eventi sismici superficiali (profondità inferiore ai 15 Km). Tale assetto è legato alla collisione tra la placca Europea e Adria, che determina un sovrascorrimento dell’Adria e un sottoscorrimento di quella Europea. Lo studio dei meccanismi focali, non ha permesso di attribuire un significato tettonico certo alla Linea Schio-Vicenza, che viene interpretata come trascorrente sinistra dal Messiniano fino al Plio-Pleistocene e attuale. Si può interpretare la struttura come limite trasforme che frazione la microplacca Adria, oppure come limite trascorrente che accomoda la deformazione differente del Sudalpino occidentale e orientale. Lungo il fronte dell’Appennino settentrionale, invece, mostra un regime dello stress tettonico diverso dal Sudalpino, legato alla profondità ipocentrale dei principali eventi sismici. Tale variabilità è legata al piano di subduzione appenninico, dove la placca Adria sottoscorre, verso SW, la placca Europea. Durante l’analisi della distribuzione dello stress tettonico è stata individuata l’area sud-Piemontese che è in netta estensione, e rappresenta un’area paleogeografica collocata tra la Corsica Alpina e il proto-Appennino a partire da Cattiano, e per effetto della rotazione antioraria dell’Appennino settentrionale e del cambiamento dalla subduzione Alpina a quella Appenninica, è andata in distensione.



(1) Geologo del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: georcit@gmail.com).

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GeoResearch Center Italy - GeoBlog, pub. n° 6 (2012), ISSN: 2240-7847.

 

Introduzione
La placca Adria geograficamente (fig. 1) è collocata lungo la Pianura Padana-Veneta e lungo il mare Adriatico. Tettonicamente rappresenta un promontorio della placca Africana (Channell, 1996) e la sua interrazione con la placca Europea, determina nella regione italiana, il corrugamento Alpino e Appenninico.

Figura 1: Schema tettonico della penisola italiana. Legenda: 1) Placca Africana con crosta continentale; 2) Microplacca Adria con crosta continentale; 3) Area di transizione tra Placca Africana e Microplacca Adria; 4) Catena Appenninica (AS: Appennino Settentrionale; AC: Appennino Centrale; AM: Appennino Meridionale); 5) Fronte della catena Appenninica; 6) Faglie normali; 7) Faglie trascorrenti (SV: Linea Schio-Vicenza); ASE: Alpi Meridionali Orientali; La lunghezza della freccia blue è proporzionale alla velocità di movimento della placca.

Attraverso lo studio dei meccanismi focali di eventi sismici avvenuti lungo il margine tra Eurota e Adria, che tettonicamente rappresenta il fronte sepolto Appenninico e del Sudalpino, si vuole definire il regime dello stress tettonico attuale in termini di direzione di massima compressione e distensione. Inoltre, esiste un settore di passaggio tra Alpi e Appennino: l’area sud-Piemontese. Durante la sua storia geologica, tale settore ha rappresentato un’area di svincolo cinematica tra le due catene montuose, caratterizzato da una distensione. Si vuole vedere se in termini attuali, l’area presenta le stesse caratteristiche, oppure se le forze tettoniche hanno cambiato il proprio regime.

Figura 2: Schema strutturale della Pianura Padana (microplacca Adria) e delle aree adiacenti (modificato da: Castellarin e al., 1982). Legenda: Il Sudalpino è tettonizato in età eoalpina (Cretaceo-Paleocenica) (1) e in età Eocene inf. e medio (2). L’area Appenninica è coeva al settore più occidentale delle Alpi (3) di età Messiniana e Plio-Pleistocenica; L’area in forte accorciamento Appenninica e Veneto-Friulana (4) caratterizzata dalle strutture sepolte sotto i depositi di pianura. Il Sudalpino è diviso del A) Blocco Lombardo; B) Blocco Trentino-Lessineo; C) Blocco Veneto-Friulano. Tracce delle sezioni ubicate in fig. 3, 4, 5, 6.
 
Tettonica regionale
L’Adria corrisponde ad un promontorio della placca Africana (Channell, 1996; Finetti e al., 1987) che attualmente occupa il mare Adriatico e la Pianura Padana-Veneta (fig. 1). Corrisponde ad una zona relativamente stabile dell’avampaese della catena Appenninica, Dinnarica e del Sudalpino. L’Adria è costituita da crosta continentale, nella porzione più settentrionale (fig. 2) è rappresentata dal substrato della Pianura Padana che interagisce con il fronte della catena Appenninica a sud e del Sudalpino a nord, e il substrato della Pianura Veneta che interagisce sempre con il Sudalpino più orientale e il fronte delle Dinaridi.
La collisione continentale a nord tra placca Europea e Adria ha portato alla formazione della catena Alpina con subduzione verso sud della placca Europea e sovrascorrimento della placca Adria (subduzione continente-continente, Bally e al., 1985) con la formazione di strutture di retro-trusts. Per la catena Appenninica si ha una subduzione opposta, della placca Adria sempre verso sud e sovrascorrimento della placca Europea (Argnani, 2009) con la relativa formazione di trusts frontali e superfici di scollamento basale. Un importante ruolo di svincolo cinematico della placca Adria settentrionale, viene svolto dalla Linea Schio-Vicenza (Babbucci e al., 2002) una trascorrente sinistra (Plio-Quaternaria) che mette a contatto le Alpi Meridionali orientali a quelle centro occidentale.

Il Sudalpino
Le Alpi Calcaree Meridonali o Sudalpino (Castellarin e al., 1982; 1986; 1992; Doglioni e al., 1987) si estendono dalla zona del Lago Maggiore a ovest al bacino Pannonico a est, lunghe circa 700 km e larghe da 50 a 150 km (fig. 2). Dal punto di vista litologico, sono costituite da nuclei ercinici metamorfici, e non, e da una pila di sedimenti Permo-Mesozoico-Terziari non metamorfici e mediamente piegati in più fasi dall’Eocene al Plio-Quaternario.
Il Sudalpino è separato dal resto delle Alpi dal Limite Alpino-Sudalpino, rapresentato da un sistema di faglie denominata Linea Insubrica (o Linea Periadriatica, Castellarin e al., 1992; Martin e al., 1998; Prosser, 1998; Viganò e al., 2008). Verso sud viene ricoperto in discordanza dai sedimenti Plio-Quaternari della Pianura Padana, al di sotto dei quali il sovrascorrimento frontale si avvicina sensibilmente al fronte sepolto dell’Appennino settentrionale (Pieri e al., 1981; Castellarin e al., 1986).

Le differenti unità litologiche appartenenti alle Alpi Calcaree Meridionali sono caratterizzate da rocce del basamento ercinico affioranti presso la Linea Insubrica, mentre le formazioni più recenti affiorano nei pressi del limite con la Pianura Padana.

Figura 3: Sezione geologica trasversale al Sudalpino nel blocco Lombardo (ubicazione 1 in fig. 2).

Il Sudalpino è formato da tre blocchi principali, costituiti da due strutture arcuate e sudvergenti e caratterizzate da differenti tassi di accorciamento strutturale (Castellarin e al., 1982; 1986; 1992; Doglioni e al., 1987; Finetti e al., 1987): il blocco Lombardo e quello Veneto-Friulano, mentre il blocco Trentino-Lesineo rappresenta un’area poco deformata, una sorta di avampaese inserito nel Sudalpino, alto strutturale per la maggior parte del Mesozoico.
Nel blocco Lombardo (blocco occidentale; fig. 2, 3) nella zona di Ivrea, affiorano rocce appartenenti al mantello superiore e del basamento cristallino profondo. L’attuale assetto strutturale deriva da eventi tettonici prealpini e alpini, ed è caratterizzato da fasi distensive Permo-Triasiche e di rifting Giurassici che hanno smembrato e traslato lateralmente l’antica crosta lungo linee a basso angolo, l’inversione di alcune di queste strutture durante le fasi di convergenza alpina ha provocato la definitiva esumazione e il suo assetto verticale. Tra il Lago Maggiore e il Lago di Garda domina uno stile tettonico ad embricazione con accavallamenti in direzione W-E e sudvergenti, che evidenziano un netto accorciamento dell’area. Tale blocco è limitato ad est dalla linea delle Giudicarie (Castellarin e al., 1992; Martin e al., 1998; Prosser, 1998; Viganò e al., 2008), dove si ha una brusca torsione delle strutture che tendono a disporsi in direzione NNE-SSW.
Sepolte sotto i depositi della Pianura Padana, è presente una stressa fascia della larghezza di 15 km circa disposta parallelamente al margine del Sudalpino (Fantoni e al., 2004). Tale fascia è rappresentate da faglie inverse embricate raccordate ad un piano di scollamento (fig. 3). Cronologicamente le strutture del Sudalpino in corrispondenza della catena, sono più vecchie (cretaceo) rispetto alle strutture del margine del Sudalpino (fase neoalpina) e di quelle embricate sepolte sotto i depositi della Pianura Padana (Fantoni e al., 2004).
Il blocco Trentino-Lessineo (Castellarin e al., 1982; Balocchi, 2010), limitato ad ovest dal sistema giudicariense e ad est dalla Linea Schio-Vicenza, costituisce il settore del Sudalpino meno deformato con raccorciamenti modesti ed elementi strutturali orientati in direzione W-E (fig. 2, 6).

Figura 4: Sezione geologica trasversale al Sudalpino nel blocco Veneto-Friulano (ubicazione 2 in fig. 2).

Il blocco Veneto-Friulano (Pianura Veneta, fig. 2, 4) è caratterizzato da strutture tettoniche con direzione variabile, dapprima NE-SW e ad oriente in direzione W-E e NW-SE (Dogliosi e al., 1987; Castellarin e al., 1992; Pontron e al., 2000). Nella zona friulana centrale si ha il massimo delle deformazioni e del raccorciamento per l’estrema embricazione sudvergente delle unità. L’assetto strutturale della Pianura Veneta, che rappresenta l’avampaese di due catene montuose perimetrali, è dovuto all’interferenza tra le strutture del Sudalpino a nord ed il fronte della catena Dinnarica a est (Merlini e al., 2002).
La compressione del blocco Lombardo è stata attiva principalmente durante una prima fase Oligocene sup. – Miocene medio, e una seconda fase Miocene medio – Miocene superiore. Inoltre le strutture sepolte dell’avampaese Sudalpino, presentano età di disattivazione successiva alla deposizione delle unità Messiniane inf., e in età Pliocenico-Quaternaria, tali strutture vengono deformate dalla propagazione verso nord della deformazione Appenninica (fig. 5)(Pieri e al., 1981; Fantoni e al., 2004).

La Linea Insubrica
Si tratta di una struttura tettonica d’importanza regionale (fig. 2) costituita da un fascio di linee a direzione variabile nei diversi settori (Castellarin e al., 1992; Martin e al., 1998; Prosser, 1998; Viganò e al., 2008). Inizia al bordo alpino occidentale (zona d’Ivrea) con una direzione NE-SW che viene indicata come Linea del Canevale. Prosegue con direzione W-E con il nome di Linea del Tonale o Insubrica, sino a nord dell’Adamello, piegando bruscamente verso nord con direzione NNE-SSW, corrispondente alla parte settentrionale della Linea delle Giudicarie. Nel tratto finale assume un assetto WNW-ESE seguendo le valli della Rienza e del Gail prendendo il nome di Linea della Pusteria e Linea del Gailtal.
Caratteristica principale della struttura è quella di limite tra il Sudalpino, affioante nel blocco meridionale, e il resto delle Alpi che affiora nel blocco settentrionale. Lungo la Linea Insubrica si sono avute importanti dislocazioni trascorrenti destrorse (Devoniano sup. – Carbonifero inf.). Nel Giurassico, condiziona notevolmente la sedimentazione dell’area Sudalpina come soglia tettonicamente attiva e principale sorgente dei depositi bacinali adiacenti (Doglioni e al., 1987). Durante la fase tettonica neoalpina, la Linea Insubrica è sede di movimenti trascorrenti destrorsi, e nel tratto delle Giudicarie nord si hanno movimenti compressivi (Prosser, 1998; Frisch e al., 2000), causati da una rotazione antioraria delle Alpi Calacaree Meridionali e del margine settentrionale della placca Adria, concomitante all’apertura del bacino Algero-Provenzale e alla tettonica distensiva che interessa l’Europa centrale (Graben del Reno)(Castellarin e al., 1992).
Nell’Olocene, essa fu sede di movimenti verticali con l’innalzamento delle Alpi poste nel blocco nord rispetto al Sudalpino.

La Linea Schio-Vicenza
Viene descritta come “fessura” (faglia) che partendo da Schio con direzione NW-SE arriva a Vicenza e oltre (fig. 2), costeggiando i colli Berici ed Euganei perdendosi al di sotto dei depositi alluvionali della pianura (De Pretto, 1920).
Il sistema strutturale della Linea Schio-Vicenza, comprende anche numerose faglie secondarie a direzione N-S (Cantelli, e al., 1994) che si era già delineato a partire dal Mesozoico. La linea ha agito come elemento cinematico trascorrente destro a partire dall’Oligocene-Miocene fino al Tortoniano medio-superiore, e assume un carattere definitivo di trascorrente sinistra a partire dal Messiniano fino alle fasi deformative più recenti (Plio-Pleistocene e tuttora attive).
La struttura gioca un ruolo fondamentale di svincolo tra le Alpi Meridionali orientali (blocco Veneto-Friulano), ancora attive nell’accrescimento tettonico, da quelle centro-occidentali (blocco Lombardo e Trentino-Lessineo) dove la strutturazione tettonica fondamentalmente si esaurisce con la fine del Miocene medio e con il Tortoniano (Finetti e al., 1987; Cantelli e al., 1994). La Linea Schio-Vicenza può essere vista come un’importante discontinuità tettonica nella parte settentrionale del dominio adriatico (Babbucci e al., 2002).

Figura 5: Sezione geologica trasversale al Sudalpino sepolto del blocco Lombardo e dell’Appennino sepolto; Si noti l’interazione tra le strutture sudvergenti del Sudalpino e quelle nordvergenti dell’Appennino sepolto (ubicazione 3 in fig. 2) (modificato da Pieri e al., 1981).

L’Appennino e l’Avanfossa
Al di sotto dei depositi quaternari della Pianura Padana (avanfossa) si riconoscono diverse strutture caratterizzati da tre grandi archi formati da fasci di pieghe assimetriche nordvergenti (fig. 2), le cui anticlinali sono limitate alla base da trusts e al fronte da faglie inverse a dare un netto raccorciamento dell’area frontale (Pieri e al., 1981; Boccaletti e al., 1985; 2004a; 2004b; Boncio e al., 2009; Balocchi, 2011; Balocchi e al., 2012).
Il più occidentale degli archi è rappresentato dal Monferrato, mentre gli altri due archi sono rappresentati della pieghe Emiliane (Adda in fig. 5) e Ferraresi (Cavone in fig. 6), che si spingono fino al F. Po e sono completamente sepolte al di sotto dei sedimenti recenti della Pianura Padana (Pieri e al., 1981). Sul culmine di alcune pieghe compaiono solo i depositi alluvionali del Pleistocene-Olocene.
Oltre il Fronte sepolto dell’Appennino si estende la monoclinale pedealpina, rappresentata dalla placca Adria, ricoperta dai sedimenti alluvionali della pianura, che si estende verso nord, fino alla catena Sudalpina.
La deformazione dell’Appennino settentrionale è attiva dall’Oligocene e le ultime fasi di sollevamento durante il Pliocene (Malusà e al., 2012).

Figura 6: Sezione geologica trasversale al Sudalpino sepolto del blocco Trentino-Lessineo e dell’Appennino sepolto (ubicazione 4 in fig. 2)(modificato da Pieri e al., 1981).

Sismologia
I dati sismici relativi ai meccanismi focali (Pondrelli e al., 2007; 2011; Boncio e al., 2009; Scognamiglio e al., 2009; Restivo, 2011) di differenti terremoti con magnitudo superiore a 4, sono stati analizzati al fine di definire la direzione degli stress tettonici (Boccaletti e al., 2004a; 2004b; Balocchi, 2011; Balocchi e al., 2012a; 2012b).

Le direzioni dello stress tettonico sono state suddivise in base alla profondità ipocentrale dei rispettivi terremoti, secondo le tre classi seguenti: 
  • Stress tettonici superficiali:  relativo ai terremoti con profondità compresa tra 0 e 15 km;
  • Stress tettonici intermedi:  relativo ai terremoti con profondità compresa tra 15 e 35 km;
  • Stress tettonici profondi: relativo ai terremoti con profondità superiore ai 35 km.


Attraverso questa classificazione si sono costruite le carte della distribuzione del regime dello stress tettonico della placca Adria ed Europea.

Figura 7: Carta degli stress tettonici superficiali: ricavata dai meccanismi focali dei terremoti con ipocentro inferiore ai 15 km. Legenda: 1) Direzione di massima compressione per deformazione da trusts o faglie inverse; 2) Direzione di massima tensione da deformazione da faglie normali; 3) Direzione di massima compressione per deformazione da faglie trascorrenti. In rosso sono segnate le sorgenti sismogenetiche (DISS Working Group, 2010).
La carta degli stress tettonici superficiali (fig. 7), mostra un settore dell’Appennino settentrionale in netta compressione con direzione massima da N-S a NE-SW. Tale settore viene descritto come Buried Belt (Boccaletti e al., 1985; Boncio e al., 2009; Balocchi, 2011) o come “fascia sismotettonica di fronte” (Balocchi, 2011), ed è rappresentato da faglie di thrusts a basso angolo e frontali sepolte sotto i depositi della Pianura Padana Emiliana (Balocchi e al., 2012b). Tale assetto geometrico e dinamico è testimoniato anche dai recenti terremoti emiliani (Balocchi e al., 2012b). Associati ad essi si evidenziano terremoti con meccanismi focali da faglie trascorrenti, con una direzione di massima compressione NW-SE, nel settore occidentale delle pieghe Ferraresi che vanno a terminare contro il fronte della catena Appenninica in corrispondenza di Reggio Emilia.
Altri settori in netta compressione sono quelli in corrispondenza del Fronte della catena nell’area della Romagna (Boccaletti e al., 1985; Balocchi, 2011). La direzione di massima compressione in tale settore è NE-SW.
Nel settore di Main Belt (“fascia sismotettonica di catena”; Balocchi, 2011) si ha soprattutto un regime dello stress tettonico distensivo con una direzione di massima tensione orientata NE-SW.
Il settore sud-Piemontese evidenzia la presenza di terremoti distensivi con direzione media ENE-WSW.
Il settore nord-orientale del Sudalpino Veneto-Friulano, mette in evidenzia uno stress tettonico rappresentato da eventi compressivi con direzione massima NNW-SSE (Scissioni e al., 2009), associati a faglie inverse e trusts. Anche nell’area delle Giudicarie (Viganò e al., 2008) sono presenti stress tettonici in netta compressione, con direzione massima NW-SE, caratterizzati da faglie inverse e trusts associate a faglie trascorrenti.

Figura 8: Carta degli stress tettonici intermedi: ricavata dai meccanismi focali dei terremoti con ipocentro compreso tra 15 e 35 km. Legenda: 1) Direzione di massima compressione per deformazione da trusts o faglie inverse; 2) Direzione di massima tensione da deformazione da faglie normali; 3) Direzione di massima compressione per deformazione da faglie trascorrenti. In rosso sono segnate le sorgenti sismogenetiche (DISS Working Group, 2010).

La carta degli stress tettonici intermedi (fig. 8), mostra un quadro del regime tettonico differente. Infatti, il fronte sepolto dell’Appennino Settentrionale (Buried Belt) non mostra un regime dello stress tettonico, così come il settore del Sudalpino.
I settori in netta compressione con direzione massima orientata NE-SW sono quelli del Main Belt, dell’Appennino, a cui sono associati meccanismi di rottura per faglie trascorrenti nel settore romagnolo e nel piacentino.
La “fascia sismotettonica di fronte” (Balocchi, 2011) a nord di Reggio Emilia, mostra direzioni di massima compressione NNW-SSE associati a un regime di estensione in direzione massima NE-SW.
Nella zona costiera di Ravenna è presente un meccanismo di rottura da faglie trascorrenti, con direzione massima compressione NNW-SSE, mentre il settore sud-Piemontese evidenzia una distensione con direzione NW-SE.

Figura 9: Carta degli stress tettonici profondi: ricavata dai meccanismi focali dei terremoti con ipocentro superiore ai 35 km. Legenda: 1) Direzione di massima compressione per deformazione da trusts o faglie inverse; 2) Direzione di massima tensione da deformazione da faglie normali; 3) Direzione di massima compressione per deformazione da faglie trascorrenti. In rosso sono segnate le sorgenti sismogenetiche (DISS Working Group, 2010).
La carta degli stress tettonici profondi (fig. 9), mostra una distribuzione degli sforzi tettonici di tipo compressivo, solo nel settore più interno della catena appenninica e entro la “fascia sismotettonica profonda” (Balocchi, 2011). La direzione di massima compressione è circa N-S e distensione verticale.
In corrispondenza delle coste adriatiche è presente un meccanismo focale da faglie trascorrenti con direzione di massima compressione NNW-SSE, correlabile all’evento trascorrente lungo la costa di Ravenna descritto sopra.

Tettonica attiva
Attraverso lo studio dei meccanismi focali, da cui si è ricavato l’assetto dell’ellissoide dello stress tettonico che è descritto nelle carte precedenti, è possibile definire il quadro tettonico attualmente attivo di interazione tra placca Europea e microplacca Adria.
La distribuzione degli assi dello stress tettonico, mostra una certa regolarità in funzione della profondità. Infatti, prendendo in considerazione gli stress tettonici degli eventi sismici superficiali (fig. 7), si evidenzia la netta compressione della placca Adria, sia nel settore frontale del Sudalpino Veneto-Friulano, caratterizzato da faglie di retro-trusts, sia lungo il fronte sepolto della catena Appenninica caratterizzato da faglie da trusts e faglie inverse frontali (pieghe Ferraresi e Romagnole in  Boccaletti e al., 1985;  2004a; 2004b; Balocchi e al., 2012b).
Procedendo in profondità, lo stress tettonico nel Sudalpino sembra annullarsi (fig. 8, 9). Tale caratteristica può essere spiegata dalle strutture tettoniche di retro-trusts (formatesi nelle unità litologiche del Sudalpino, sedimentate sul promontorio continentale dell’Adria), dovuto alla spinta della microplacca Adria da sud che sovrascorre quella Europea collocata nel blocco nord.
Diverso è l’assetto sul versante Appenninico (fig. 8), con sforzi tettonici compressivi lungo il fronte sepolto, caratterizzato da faglie di trusts basali e da faglie inverse frontali (Boncio e al., 2009; Balocchi e al., 2012a) delle pieghe sepolte sotto i depositi della Pianua Padana (pieghe Ferraresi). Regimi distensivi e compressivi, sono da mettere in relazione rispettivamente alla curvatura della placca Adria durante la discesa al di sotto della placca Europea con la formazione di faglie normali e all’attrito tra le due placche, con la formazione di faglie inverse (Balocchi e al., 2012a).
I meccanismi focali profondi (fig. 9), sempre sul versante Appenninico, sono caratterizzati da faglie inverse con una direzione di massima compressione orizzontale e una direzione di massima estensione verticale che possono essere motivati attraverso le tensioni verticali che si generano nella piastra discendente per il meccanismo di slab-pull (Kearey e al., 1994; 2009).
Nella zona romagnola i due meccanismi di rottura per faglie trascorrenti (entro la classe di profondità intermedia e profonda), sono compatibili entrambe con una direzione di massima compressione NNW-SSE e possono essere messi in relazione ad una zona di taglio trascorrente sinistra che, oltre a determinare la perdita di continuità orizzontale dei terremoti profondi dal blocco emiliano-Romagnolo a NW, a quello marchigiano a SE (Balocchi, 2011), taglia la microplacca Adria. Lungo la costa romagnola, i dati geofisici (Brandmayr e al., 2010), mostrano uno spessore della crosta intorno ai 25 km, che cade all’interno della classe degli stress tettonici intermedi. Pertanto la fascia trascorrente sinistra taglia la microplacca Adria almeno in tutto il suo spessore crostale. 

Il modello tettonico attuale che caratterizza la microplacca Adria è quello sul versante Sudalpino di una zolla che sovrascorre la placca Europea (fig. 10), generando un’area superficiale in netta compressione nel settore friulano e in traspressione sinistra nel settore delle Giudicarie (Martin e al., 1998; Prosser, 1998; Frisch e al., 2000; Viganò e al., 2008). Mentre lungo la Linea Schio-Vicenza, non si hanno dati sismologici in grado di definire la sua cinematica. Da dati bibliografici, l’ipotesi più plausibile sembra quella di una trascorrente sinistra (Finetti e al., 1987; Cantelli e al., 1994). 

Figura 10: Modello tettonico delle relazioni tra la microplacca Adria e quella Europea sul fronte del Sudalpino e Appenninico (modificato da: Castellarin e al., 1985); La spinta reciproca lungo il margine delle Alpi Calcaree Meridionali determina il sovrascorrimento dell’Adria e il sottoscorrimento dell’Europa con la formazione dei retro-trusts del Sudalpino; Lungo il margine Appenninico si ha la formazione di una subduzione della placca Adria sotto quella Europea, con la formazione dei trusts frontali sepolti sotto i depositi della Pianura Padana e le successive faglie distensive dell’edificio appenninico.
 
Lungo il fronte sepolto dell’Appennino settentrionale (fig. 10), al di sotto dei depositi alluvionali della Pianura Padana, sono presenti strutture sismogenetiche (Boncio e al., 2009; Balocchi e al., 2012b) caratterizzate da trusts e dalle faglie inverse frontali delle pieghe Ferraresi e Romagnole. Tali strutture evidenziano uno stress tettonico compressivo, causa il sottoscorrimento della microplacca Adria da nord, al di sotto di quella Europea del blocco posto a sud.
La piastra dell’Adria andando in subduzione si flette formando faglie normali che definiscono un regime distensivo (Kearey e al., 1994; 2009; Balocchi e al., 2012a), mentre lungo il limite delle due placche, lo scorrimento relativo favorisce la formazione di faglie inverse coerenti con un regime compressivo (Balocchi e al., 2012a). Ad elevate profondità la microplacca Adria è soggetta a tensione lungo la direzione di massima pendenza. Tale meccanismo è descritto in letteratura come slab-pull, corrispondente alla forza di trazione a cui è soggetta la piastra in subduzione che viene trainata dalla parte superiore dell’astenosfera (Kearey e al., 1994; 2009).
Il regime distensivo superficiale sulla placca Europea, in corrispondenza della zona di catena, è determinato da un ulteriore fenomeno denominato rool-back. Tale meccanismo rappresenta l’arretramento del piano di subduzione, il quale favorisce un regime distensivo post orogenetico nell’area di catena Appenninica (fig. 10) posta sulla placca Europea (Balocchi, 2011) e la formazione di strutture graben e horst nel retropaese appenninico (per esempio la valle del Serchio).
Nella zona romagnola la zona di taglio trascorrente sinistra è responsabile di accomodare in modo differente la deformazione tettonica del piano di subduzione relativamente ai due blocchi;  a NW il blocco emiliano-romagnolo e a SE il blocco marchigiano (Balocchi, 2011). Con molta probabilità il maggiore avanzamento del blocco marchigiano rispetto a quello emiliano-romagnolo, determina una maggiore flessione verso il basso della piastra in subduzione (confronta il modello di Dogliosi e al., 1996).

Il settore Sud-Piemontese mostra meccanismi focali da distensione sia per eventi superficiali sia per eventi intermedi. Non sono presenti eventi profondi. Tale conformazione sismotettonica attuale può trovare risposta se si considera la storia geologica del limite della catena alpina e appenninica. L’area sud-Piemontese ha ereditato parte delle strutture tettoniche della zona tra la Corsia alpina e il proto-Appennino (fig. 11). Durante il Cattiano e le epoche successive avviene la rotazione antioraria della Sardegna e della Corsica, e anche quella del proto-Appennino, fino a raggiungere la posizione attuale. Il settore compreso tra la Corsica Alpina e il proto-Appennino è collocato tra due subduzioni opposte: quella Alpina e quella Appenninica. Durante la progressiva rotazione in senso antiorario avviene la sostituzione della subduzione a vergenza alpina con quella appenninica, portando l’area in un regime distensivo con relativo collasso orogenetico (Argnani, 2009).

Figura 11: Ipotesi di ricostruzione paleogeografica del Cattiano; Legenda: 1) Ambiente di piattaforma carbonatica (mare poco profondo); 2) Bacino marino su crosta continentale; 3) Bacino di acqua profonda (dominio oceanico); 4) Subduzione inattiva; 5) Area della Corsica alpina e proto-Appennino (settore attuale sud-Piemontese) in distensione per collasso orogenetico a seguito della progressiva sostituzione della subduzione alpina con quella appenninica (modificato da: Argnani, 2009).
 
Conclusioni
Dallo studio della distribuzione dei meccanismi focali si è ricavato l’assetto dell’ellissoide dello stress tettonico in termini di direzione di massima compressione e distensione, questo al fine di definire interazione tettonica attuale della placca Europea e la microplacca Adria, responsabile degli ultimi terremoti emiliani (Balocchi, 2012; Balocchi e al., 2012a; 2012b).
Si può concludere che la microplacca Adria (fig. 10) sia in netta compressione in termini relativi, dove nel settore Sudalpino lo scontro tra la microplacca Adria e quella Europea determina un regime tettonico compressivo, dovuto al sovrascorrimento di quest’ultima rispetto alla placca Europea, generando dei retro-trusts all’interno delle unità litologiche deposte su crosta continentale dell’Adria.
Diversa è la situazione lungo il fronte sepolto della catena appenninica, dove lo scontro tra la microplacca Adria e placca Europea determina un regime sempre compressivo, ma l’Adria questa volta sottoscorre quella Europea. Durante le diverse fasi discendenti il campo dello stress tettonico varia a seconda dell’area: compressivo lungo il fronte Appenninico sepolto; distensivo a causa della flessione della piastra discendente con la formazione delle relative faglie normali; compressivo a causa dello scorrimento per attrito tra le due placche e formazione di faglie inverse; nuovamente distensivo (in direzione verticale) per trazione della piastra discendente (slab-pull) da parte dell’astenosfera.

Attraverso lo studio di alcuni meccanismi focali nella zona romagnola, è stato possibile definire l’assetto della zona di taglio trascorrente sinistra che accomoda in modo differente la deformazione tettonica del piano di subduzione relativamente ai due blocchi: quello a NW e quello a SE. Tale fascia taglia la microplacca Adria quasi sicuramente in tutto il suo spessore crostale.

Inoltre, il fatto che le strutture sepolte Sudalpine del blocco Lombardo, siano deformate, in età Pliocenico-Quaternaria, dalla propagazione verso nord della deformazione Appenninica (Pieri e al., 1981; Cantelli e al., 1994; Fantoni e al., 2004), può dare utili informazioni sull’attuale struttura tettonica in esaurimento.

Il settore sud-Piemontese rappresenta un’area dove affiorano unità tettoniche con caratteristiche strutturali Alpine e Appenniniche. Tali caratteristiche dovute alla storia geologica dell’area (fig. 11), sono caratterizzate da una fase tettonica distensiva ereditata dal Cattiano (Argnani, 2009).
Gli eventi distensivi attuali del sud-Piemontese sono la testimonianza che in tale settore la catena Alpino-Appenninica è tuttora in netta distensione per collasso orogenetico, e legata alla sostituzione della subduzione alpina da quella appenninica.

Dallo studio della distribuzione dei meccanismi focali dei terremoti significativi, non sono stati riscontrati dei dati (Pondrelli e al., 2007; 2011; Scognamiglio e al., 2009; Restivo, 2011) utili ad una interpretazione definitiva della Linea Schio-Vicenza. Si possono ipotizzare i due modelli:

  1. La Linea Schio-Vicenza rappresenta un limite trasforme che frammenta la microplacca Adria settentrionale, aggiustando la deformazione tettonica differente nei due blocchi: quello orientale del mare Adriatico e coperto dai depositi alluvionali della Pianura Veneta, da quello occidentale coperto dai depositi alluvionali della Pianura Padana;
  2. Rappresenta una struttura trascorrente di importanza regionale, che gioca un ruolo di svincolo cinematico tra le Alpi Meridionali occidentali e quelle orientali, senza interessare il substrato rappresentato dalla microplacca Adria.

Per quanto riguarda la sua cinematica, i dati bibliografici la interpretano come trascorrente destra dall’Oligocene-Miocene fino al Tortoniano medio-superiore, e assume un carattere definitivo di trascorrente sinistra a partire dal Messiniano fino alle fasi deformative più recenti (Plio-Pleistocene e tuttora attive)( Finetti e al., 1987; Cantelli, e al., 1994).

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3 commenti:

  1. Che dire? Complimenti! Sicuramente questo blog comporta un notevole sforzo. Personalmente, credo che la scienza debba essere di dominio pubblico, patrimonio di tutti. Mi sembra di capire che la pensiate anche voi così. Ancora tanti complimenti e un augurio di continuare a esserci e continuare a lavorare a questo blog.

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  2. Grazie mille.
    E' nostro pensiero, e di desidera entrare a fare parte del nostro Blog, che la scienza debba essere patrimonio di ogni persona. Continueremo a scrivere e a cercare persone che abbiano voglia e stimoli per portare avanti i nostri obiettivi.
    Grazie ancora.

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