domenica 15 novembre 2015

1783 – La grande crisi sismica calabrese: 5 terremoti in 50 giorni

Nel 1783, tra i primi di febbraio e la fine di marzo, la Calabria centro-meridionale è interessata da una terribile sequenza sismica con cinque scosse di intensità molto alta, la cui magnitudo, valutata dalle analisi macrosismiche, è prossima o superiore a 6.0. La sequenza colpisce in rapida successione la parte di territorio che va dallo Stretto di Messina a Catanzaro, generando un disastro di grandi proporzioni. Interi paesi sono letteralmente rasi al suolo, con decine di migliaia di vittime, e il paesaggio subisce trasformazioni importanti, con numerose frane, variazioni del reticolo idrografico e fenomeni di liquefazione del suolo. In particolare il paese di Scilla, situato all'imbocco settentrionale dello Stretto di Messina, è l'emblema di questa tragedia: già seriamente danneggiato dalle scosse sismiche, viene colpito da un’onda anomala causata da un'enorme frana che scivola in mare ed invade la spiaggia di Marina Grande, dove si erano rifugiati gli incauti abitanti. La sequenza sismica, che andrà avanti per circa un anno con terremoti di decrescente intensità, è di particolare rilevanza ai fini della difesa del territorio, in quanto pone attenzione sul problema del rischio sismico, soprattutto in presenza di sequenze estese su lunghi periodi, mettendo a dura prova la resistenza degli edifici soggetti a ripetuti forti scuotimenti del suolo.  

di: Giampiero Petrucci(1) e Stefano Carlino(2)


(1) Ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: dottgipe@gmail.com).
(2) Geofisico dell’Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia e collaboratore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog;
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GeoResearch Center Italy - GeoBlog, 14 (2015), ISSN: 2240-7847.

mercoledì 23 settembre 2015

Relazione tra sismicità ed attività di estrazione di petrolio nella zona di Coalinga (California, USA)

Giulio Riga(1), Paolo Balocchi(2)

  

   
Riassunto: Il terremoto di magnitudo 6.5 Mw del 2 Maggio 1983 si è verificato nei pressi dell’anticlinale attiva di Coalinga (California, USA), dove è presente uno dei principali campi petroliferi in produzione. L’evento principale ha causato una sequenza di assestamento, la cui distribuzione epicentrale coincide approssimativamente con l’area del giacimento. Attraverso questo lavoro si vuole esaminare la struttura della sequenza sismica, al fine di comprendere se il terremoto possa essere stato innescato dalle attività estrattive. Dall’analisi dei dati sismici si evince come lo schema evolutivo della fase di rilascio di energia è del tipo “progressive earthquake”, composto da foreshocks di magnitudo crescente. L’attività sismica dell’area studiata presenta una distribuzione spaziale non casuale ma legata allo stile strutturale dell’area ed all’attività di estrazione di petrolio. La scossa principale è avvenuta su una faglia principale di thust-ramp posta alla base di una piega, messa in evidenza dal meccanismo focale con un piano lievemente immergente a SW e parallelo all’asse dell’anticlinale, denominata San Joaquin thrusts-ramp. L’andamento temporale degli ipocentri relativi agli eventi registrati tra il 1982 ed il 1983 (fase di rilascio di energia) evidenzia una migrazione verso l’alto delle profondità in conseguenza allo stress tettonico compressivo ed una migrazione verso il basso degli eventi più energetici, inoltre dai dati analizzati si evince come sul fianco settentrionale della piega e nel suo nucleo è ben sviluppato uno stile tettonico a più segmenti di faglia, dove i confini geometrici  tra ogni segmento, sono ben definiti dalla posizione degli ipocentri delle scosse di assestamento e dai meccanismi focali, i quali non definiscono lo stesso piano di rottura. I risultati ottenuti dalle analisi effettuate suggeriscono una relazione tra la produzione di petrolio e la sequenza sismica del terremoto di Coalinga del 1983.




(1) Geologo, ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: giulio.riga@tin.it);
(2) Geologo, ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog
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GeoResearch Center Italy - GeoBlog, 13 (2015), ISSN: 2240-7847.

sabato 1 agosto 2015

Il terremoto de L'Aquila di M 6.1 del 06 aprile 2009 e i suoi precursori sismici

Giulio Riga(1), Paolo Balocchi(2)



Riassunto: allo stato attuale delle conoscenze scientifiche non è possibile rispondere con certezza assoluta su dove e quando l’evento sismico distruttivo si verificherà e sulle caratteristiche che avrà. Lo studio seguente, basato sull’analisi delle variazioni spazio-temporali della sequenza sismica de L’Aquila 2009, vuole dimostrare come prima del terremoto erano presenti degli elementi potenzialmente sfruttabili nel breve e brevissimo periodo, al fine di definire la sua evoluzione temporale. L’analisi della struttura della “bomba sismica” associata al terremoto de L’Aquila mostra uno schema gerarchizzato di tipo “progressive earthquake”, caratterizzato da un aumento temporale del tasso di sismicità. Inoltre  La focalizzazione dell’evento sismico con il modello sperimentale “Previsio” fornisce un valore coerente con quello del mainshock del 06 aprile 2009. E’ opinione degli Autori che la sismicità rappresenta un potenziale precursore, che oltre a caratterizzare la sequenza, può dare informazioni utili sula possibile localizzazione e magnitudo di un futuro mainshock.




(1) Geologo, ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: giulio.riga@tin.it);
(2) Geologo, ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog
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GeoResearch Center Italy - GeoBlog, 12 (2015), ISSN: 2240-7847.

sabato 4 luglio 2015

1703 – Il disastro sull’Appennino e l’esempio di L’Aquila

Nel 1703 un'ampia zona dell'Italia centrale è devastata da una serie di terremoti generati dalla dinamica della catena appenninica, che periodicamente rilascia energia sismica accumulatasi su tempi lunghi. Il quadro tettonico generale del nostro paese, complicato dalle articolate strutture geologiche e dalla segmentazione delle sorgenti sismogenetiche, si caratterizza per lo scontro tra la placca africana ed euroasiatica, di cui l'Appennino rappresenta la zona di collisione. In questo contesto sismo-tettonico si inserisce la grande sequenza sismica del 1703, sviluppatasi tra la metà di gennaio ed i primi di febbraio, a cominciare dall'area nursina, a cavallo tra Umbria e Lazio. Altre scosse provocano danni nell'area reatina ed il 2 febbraio un sisma pari al X grado della scala MCS provoca migliaia di vittime a L'Aquila e nell'alta valle dell'Aterno. Sono i luoghi i colpiti nuovamente dalla più recente crisi sismica dell'aprile del 2009, che ha causato danni gravissimi a L’Aquila e nei piccoli paesi limitrofi. Il capoluogo abruzzese soffre ancora oggi la mancanza di un piano di ricostruzione, che si è limitato all’intervento post-emergenza, lasciando sostanzialmente la città in totale dissesto.

di: Giampiero Petrucci(1) Stefano Carlino(2)


1) Ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: dottgipe@gmail.com).
2) Geofisico dell’Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia e collaboratore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog;
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GeoResearch Center Italy - GeoBlog, 11 (2015), ISSN: 2240-7847.

mercoledì 1 luglio 2015

La sequenza sismica dell'Emilia 2012: terremoti naturali e attivati

Giulio Riga(1), Paolo Balocchi(2)


Riassunto: il 20 maggio e 29 maggio del 2012, nella bassa modenese si sono verificati due eventi sismici rispettivamente di magnitudo 5.8 Mw e 5.6 Mw, causando  una sequenza di scosse di assestamento la cui distribuzione epicentrale si è estesa all'interno dell'area della concessione Mirandola. Ciò ha suggerito una relazione causale tra i due eventi principali del 20 e 29 maggio e la produzione di idrocarburi della concessione. In questo studio viene utilizzato un modello di calcolo sperimentale, attraverso il quale sono stati analizzati i dati ricalcolati, della sismicità strumentale dell'area, ricavati dal catalogo ISIDe dell’INGV, al fine di definire i terremoti naturali e attivati che ricadono nellarea del cratere sismico dellEmilia del 2012, dove è presente la concessione Mirandola per la coltivazione di idrocarburi. I risultati ottenuti definiscono il terremoto del 20 maggio come evento naturale, mentre quello del 29 maggio come evento attivato dal mainshock precedente. Inoltre non si evidenziano legami tra le attività antropiche della concessione Mirandola e i mainshocks del 20 maggio e 29 maggio 2012.





1) Geologo, ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: giulio.riga@tin.it);
2) Geologo, ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog
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giovedì 4 giugno 2015

Città distrutte e rifondate: il grande terremoto siciliano del 1693

Nel corso dei secoli diversi terremoti hanno mietuto migliaia di vittime e raso al suolo decine di paesi nella Sicilia orientale. Nel 1169 e nel 1542 si verificano eventi sismici di grande energia che provocano gravi danni tra Catania ed Agrigento. Ma è nel 1693 che questa zona subisce il maggior disastro, causato da uno dei più forti terremoti verificatisi nel nostro paese in epoca storica. Con una magnitudo intorno a 7.0 (calcolata empiricamente dai dati macrosismici) la scossa principale - seguita da numerose altre di minore intensità che dureranno per circa tre anni - provoca un'immensa catastrofe che colpisce l’intera Val di Noto. Quasi sessantamila morti ed una settantina di cittadine devastate sono le terribili cifre del disastro, che viene seguito anche da uno tsunami che colpisce 200 chilometri di costa da Messina a Capo Passero. Alla devastazione del sisma seguirà tuttavia un importante processo di ricostruzione e di rifondazione di nuove città, che vedrà nascere un patrimonio architettonico di grandissimo valore, realizzato secondo i criteri del Barocco Siciliano. Noto, che diverrà il simbolo della rifondazione, per la bellezza dei suoi edifici sarà definita un "giardino di pietra", ed in seguito proclamata dall'Unesco "patrimonio dell'umanità". La ricostruzione post-evento rappresenterà un importante momento di riflessione teso alla riconfigurazione dello spazio urbano, grazie a una cultura progettuale avanzata, che porrà l’isola all’avanguardia rispetto ad altre aree del Meridione.

di: Giampiero Petrucci(1) Stefano Carlino(2)


1) Ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: dottgipe@gmail.com).
2) Geofisico dell’Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia e collaboratore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog;
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martedì 12 maggio 2015

Relazione spazio-temporale e sismotettonica degli eventi sismici nel periodo 2012-2013 nell'area Tosco-Emiliana (Appennino settentrionale)

Paolo Balocchi(1), Tommaso Santagata(2), Marta Lazzaroni(3)




Riassunto: L’area Tosco-Emiliana, geograficamente è rappresentata dai bacini tirrenici della Lunigiana e Garfagnana e dalla bassa pianura Emiliana sul versante adriatico. Dal 2012 è stata sede di diversi eventi sismici di notevole importanza, tra cui i principali di Ml 4,9 e 5,4 rispettivamente del 25 e 27 Gennaio 2012 a Reggio Emilia e Parma, quelli della bassa pianura modenese del 20 e 29 Maggio e infine i terremoti della Garfagnana e Lunigiana di Ml 4,8 e 5,2 avvenuti il 25 Gennaio e 21 Giugno 2013. Questa zona, storicamente nota per la sua attività sismica, mostra diverse caratteristiche soprattutto dal punto di vista tettonico: le strutture che si trovano nelle parti più esterne della catena appenninica (versante adriatico), aventi regimi di tipo compressivo, sono separate dalle strutture legate ad una tettonica di tipo distensiva che si trovano nel retropaese (versante tirrenico). In mezzo troviamo la parte centrale dell'Appennino Tosco-Emiliano, che mostra invece un'evoluzione più lenta rispetto alle aree periferiche. Con questo lavoro vengono descritte le analisi delle sequenze sismiche degli eventi che si sono verificati nel periodo considerato, in relazione alle strutture tettoniche di importanza regionale, e l'ipotesi di una loro evoluzione spazio-temporale nel periodo 2012-2013. Da questa relazione è stato possibile  definire l’ipotesi di una cronologia di attivazione delle  strutture tettoniche, nel periodo di tempo considerato, che hanno generato le sequenze sismiche, descrivendone le principali caratteristiche e la loro evoluzione.





1) Geologo, ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: georcit@gmail.com).
2) Geometra, ricercatore  del GeoResearch Center Italy – GeoBlog.
3) Geologa, collaboratrice del GeoResearch Center Italy – GeoBlog.
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martedì 5 maggio 2015

La grande sequenza sismica del 1638 in Calabria

La Calabria è considerata tra le regioni a più elevata sismicità d'Italia, dove in epoca storica sono accaduti terremoti con elevato potenziale distruttivo. In questa regione, negli ultimi duemila anni, si sarebbero verificati almeno 25 eventi con magnitudo superiore o uguale a 6.0, una stima che solleva importanti questioni relativamente alla pericolosità sismica ed alla sicurezza del territorio. Tra gli eventi catastrofici più importanti si devono annoverare certamente quelli accaduti nel 1638, quando si susseguono quattro importanti scosse sismiche che radono al suolo intere cittadine, provocando danni ingentissimi ed oltre diecimila morti in circa metà della regione. Grazie agli scritti coevi, redatti da alcuni letterati ed ecclesiastici, è stato possibile ricostruire, almeno parzialmente, quanto accaduto all’epoca e le descrizioni, sia degli effetti sull’edificato che al suolo, confermano l’elevata energia liberata dal sisma. Lo studio di sequenze sismiche come questa, tra le più forti registrate in tempi storici nel nostro paese, rappresenta un importante riferimento per la valutazione del rischio sismico associato ai forti terremoti.

di: Giampiero Petrucci(1) e Stefano Carlino(2)



1) Geologo, ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: dottgipe@gmail.com).
2)  Geofisico dell’Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia e collaboratore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog;
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domenica 12 aprile 2015

Puglia: sismicità, terremoti, tsunami

La Puglia, pur non essendo tra le regioni italiane considerate in assoluto a maggior rischio sismico, è stata interessata nel passato da eventi catastrofici di elevato livello, con distruzione di intere cittadine e numerose vittime. Ciò è imputabile sia alla sua vicinanza con zone sismogenetiche importanti (l'Appennino) sia alla presenza nel suo territorio di sorgenti in grado di scatenare attività sismica oltre la soglia del danno. Nessuna area del suo territorio può considerarsi a riparo da un evento sismico, almeno secondo quanto racconta la storia. Se infatti la sismicità del promontorio del Gargano è ben nota e documentata, con il verificarsi addirittura pure di tsunami che hanno inondato vaste aree costiere (1627 e 1646), anche il Salento, nonostante oggi venga considerato praticamente asismico dalla classificazione vigente, ha subìto grande devastazione a seguito di un terremoto. Accadde nel 1743 quando si sviluppò un fenomeno che rappresenta il paradigma di come agiscano i cosiddetti "effetti di sito" e di come territori teoricamente al sicuro possano essere soggetti invece alle azioni delle onde sismiche propagatesi da una sorgente lontana anche diverse decine di chilometri. Se risulta ancora impossibile prevedere i tempi di ritorno di tali eventi, è comunque verificabile l'aumento della vulnerabilità di questi territori causa un'intensa urbanizzazione, spesso indiscriminata e talora abusiva, che certamente non rappresenta il metodo migliore per la salvaguardia dalle catastrofi naturali.

di: Giampiero Petrucci (1)

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1) Ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: dottgipe@gmail.com).
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sabato 21 marzo 2015

Onde anomale nei laghi - Il caso della Valle Padusa

Generalmente gli tsunami impattano sulle coste dopo essere stati generati in mare aperto. Ma esistono alcuni casi, molto particolari, in cui le onde anomale possono svilupparsi anche in acque interne come laghi, paludi, grandi fiumi. In Italia l'esempio più eclatante è costituito da quanto accaduto in Romagna nel 1624. Le acque della Valle Padusa, un antica ed ampia zona paludosa che si estendeva nella parte meridionale del delta del Po, furono infatti agitate a seguito di un terremoto, di magnitudo intorno a 5.5, con epicentro nei pressi della cittadina di Argenta le cui strade furono invase dalle onde senza peraltro creare gravi danni. Questo caso è il più importante ma non il solo: già nel 1695 un sisma, di magnitudo 5.7 ed epicentro nei pressi di Bagnoregio, provoca l'esondazione delle acque del lago di Bolsena, con ingressione nelle coste circostanti per diverse centinaia di metri. Esistono poi altri fenomeni in cui i terremoti generano frane, anche di grandi dimensioni, sulle rive scoscese dei bacini: il materiale terrigeno cadendo in acqua con una certa velocità provoca onde, con altezze anche di diversi metri, che portano morte e distruzione nelle città rivierasche. Se la Svizzera è la nazione europea in cui questi eventi si sono sviluppati con una certa frequenza, anche in Italia si segnalano situazioni similari, in particolare nel Lago di Como, potenzialmente tra i più soggetti all'eventuale ripetersi del fenomeno.

di: Giampiero Petrucci(1)



1) Ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: georcit@gmail.com). 
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GeoResearch Center Italy - GeoBlog, 5 (2015), ISSN: 2240-7847.

venerdì 13 marzo 2015

Bollettino sismico 2014

Giulio Riga(1), Paolo Balocchi(2)

  

  
Riassunto: il Bollettino sismico vuole raccogliere le informazioni relative all'attività sismica nazionale per l'anno 2014, individuando anche quelle aree del territorio che sono state più soggette a terremoti. Infatti ad un'analisi della sismicità alla scala nazionale, è stata aggiunta l'analisi della sismicità di 19 sequenze, individuate sulla base del numero di eventi rilevati nel periodo del 2014 e sulle caratteristiche sismotettoniche dell’area. I dati ricavati dal database ISIDe e NEIC, sono stati analizzati con due approcci differenti. Il primo riguarda lo studio statistico con cui è stato possibile rappresentare la variazione della sismicità dell'area interessata mediante grafici. Il secondo, di carattere previsionale è basato sui processi di preparazione e di iniziazione che conducono a grandi terremoti come bombe sismiche, anomalie, microstrutture evolutive, focalizzazione. Attraverso la descrizione della distribuzione dei sismi alla scala nazionale, è possibile definire un maggiore grado di pericolosità sismica per le regioni meridionali, rispetto a quelle settentrionali.


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1) Geologo, ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: giulio.riga@tin.it);
2) Geologo, ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog;
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GeoResearch Center Italy - GeoBlog, 4 (2015), ISSN: 2240-7847.

lunedì 23 febbraio 2015

Il nuovo cluster del 2014 dell'alta val Tiberina-Gubbio (Umbria)

Paolo Balocchi (1)Francesca Carla Lupoli (2)




Riassunto: Il Bacino Tiberino e quello di Gubbio sono posizionati geograficamente nell’area dell’alta Val Tiberina-Gubbio. Tali Bacini rappresentano “conche intermontane” contenenti sedimenti quaternari limitati ai bordi da faglie regionali quali la Faglia Altotiberina (faglia principale) e, ad essa antitetica, la Faglia di Gubbio (faglia secondaria). L’area in esame è soggetta storicamente a numerosi eventi sismici, recentemente si è potuto osservare uno sciame sismico seguito dall’evento tellurico con Ml 4,0 del 22 dicembre 2013. Dall’analisi di tale sequenza, messa in relazione con le strutture tettoniche regionali, hanno messo in evidenza il ruolo sismo tettonico predominante della Faglia Altotiberina, subordinato è invece il ruolo della Faglia di Gubbio. Lo studio spazio-temporale della sequenza ha messo in evidenza la cronologia d’attivazione delle strutture tettoniche. Inoltre, in base ai meccanismi focali in relazione alle loro profondità ipocentrali, si è avuto modo di distinguere un modello tettonico estensionale del retro paese appenninico. Tale modello ha messo in evidenza come all’instaurarsi di uno stress tettonico nell’alta Val Tiberina-Gubbio generato da un roll-back del piano di subduzione si provochi una riattivazione delle principali strutture sismogenetiche regionali con la formazione di un cuneo di estrusione (extruding wedge) e di uno slittamento lungo il piano di Faglia Altotiberina (master flaut). La Faglia di Gubbio invece agendo da svincolo cinematico, permette una deformazione tettonica tra i diversi blocchi in senso verticale. Nel dicembre 2014 si è formato un nuovo cluster a SW del Bacino di Gubbio che ha messo in evidenzia l’evoluzione sismica dell’area legata alla faglia Altotiberina.





1) Geologo, ricercatore  del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: georcit@gmail.com).
2) Geologa, ricercatrice del GeoResearch Center Italy – GeoBlog.
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lunedì 16 febbraio 2015

Le sequenze sismiche in Appennino – Gli esempi del 1456 e 1561

La penisola italiana, al centro del Mediterraneo, è sede dello scontro tra la placca tettonica africana e quella euroasiatica. Ciò determina vulcanismo attivo sul margine tirrenico e diffusa sismicità lungo la catena appenninica in corrispondenza della quale si trova il margine di subduzione, ovvero lo sprofondamento della litosfera, prodotto proprio dallo scontro tra le due placche. In questo contesto sismotettonico, la sismicità italiana è da mettere in relazione allo spostamento verso N/NNO della microplacca adriatica (Adria), porzione della placca africana: tale movimento induce i terremoti localizzati lungo la catena appenninica. Questi eventi, generalmente prodotti da sorgenti di dimensioni contenute, liberano l'energia sismica a sciami: storicamente infatti sono diversi i casi in cui si sono sviluppate sequenze sismiche caratterizzate da più eventi piuttosto che da un singolo episodio di energia nettamente preponderante sugli altri. Gli episodi più eclatanti in questo senso sono rappresentati dai terremoti del 1456, che interessarono gran parte dell'Italia centrale, e del 1561 quando fu gravemente colpito il Vallo di Diano.

di: Giampiero Petrucci(1) e Stefano Carlino(2)

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1) Geologo, ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: dottgipe@gmail.com).
2)  Geofisico dell’Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia e collaboratore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog;
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venerdì 16 gennaio 2015

Il lungo cammino della ricerca sismica

Sin dai primordi, l'uomo ha cercato di capire l'origine dei terremoti. Gli antichi greci ed i cinesi sono stati i primi a promulgare teorie sulla nascita dei sismi ma nel Medioevo si riteneva i grandi disastri naturali una punizione divina per l'umanità degenere. Solo l'Illuminismo e la teoria dell'attualismo portano, anche sulla scia del grande terremoto di Lisbona del 1755, ad un nuovo paradigma che fornisce una visione innovativa dei processi geologici: bisogna osservare il presente per conoscere il passato e comprendere l'evoluzione futura della Terra. Nell'Ottocento l'Italia, grazie al suo paesaggio dinamico, diventa il luogo preferito in cui molti scienziati cercano conferme alle loro teorie: l'irlandese Robert Mallet (che studia il terremoto lucano del 1857), il vogherese Mario Baratta ed il sacerdote-naturalista Giuseppe Mercalli (ideatore dell'omonima "scala" per la misura dei sismi) rappresentano i "padri" della sismologia moderna. Nella prima metà del XX secolo l'opera viene proseguita da Alfred Wegener, con la sua celebre teoria della "deriva dei continenti", e Charles Richter che, con la Magnitudo, fornisce un valore assoluto di energia capace di confrontare l'intensità di qualsiasi terremoto. La complessità dei sistemi fisici che regolano i processi geodinamici porta però, ancora oggi, ad inserire i terremoti tra i processi naturali caotici e non prevedibili con l'approccio della fisica classica. L'unica difesa dagli eventi sismici, purtroppo spesso disattesa, pare la realizzazione di edifici più sicuri in funzione del rischio sismico associato.

di: Giampiero Petrucci (1) e Stefano Carlino (2)




1) Ricercatore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: dottgipe@gmail.com).
2) Ricercatore Geofisico dell’Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia e collaboratore del GeoResearch Center Italy – GeoBlog;
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martedì 13 gennaio 2015

Report di fine anno 2014

Il 2014 è giunto al termine e come tutti gli anni siamo contenti dei risultati raggiunti. 

Gli obiettivi raggiunti attraverso le nostre ricerche libere e indipendenti nel campo delle GeoScienze sono stati:
  •  Abbiamo pubblicato  2 articoli nel GeoBlog raggiungendo il numero totale di 24 articoli, scritti dal 2010 al 2014;
  • La pagina FaceBook creata nel 2014 ha raggiunto un totale di 466 "mi piace";
  • Il numero dei visitatori per il 2014 è stato di 13987, raggiungendo un totale di 53066 dal 2010 al 2014
Un Ringraziamento di tutto cuore per gli obiettivi raggiunti in questo anno va ai nostri lettori, con l'augurio che possano rimanere sempre vicini al nostro Geoblog.
Grazie mille!!!