mercoledì 23 novembre 2011

Slumping mesoscopico del Membro della Val Pessola (Formazione di Ranzano, Appennino settentrionale)

Paolo Balocchi (*)



Riassunto: La Formazione di Ranzano affiorante nel basso e medio Appennino reggiano è una unità litologica appartenente alla Successione Epiligure, ed in base alle sue caratteristiche sedimentologiche e stratigrafiche viene suddivisa in vari membri, tra cui il Membro della Val Pessola. Questa unità litologica mostra una buona estensione geografica e al suo interno ha registrato la storia della deformazione duttile e fragile durante l’accrezione del prisma orogenetico dell’Appennino settentrionale. Questa fase tettonica è denominata Neoalpina precoce, ed è avvenuta in concomitanza alla deposizione della Successione Epiligure all’interno di bacini di piggy-back (Sinclinale di Viano) impostati al sopra dei cunei orogenetici delle Liguridi. Obiettivo dello studio è quello di analizzare la deformazione duttile e fragile registrata all’interno del Membro della Val Pessola e descriverne lo stile strutturale e il modello cinematico del piegamento, inoltre definire l’assetto nello spazio delle’ellissoide della deformazione e dello stress. Dallo studio, si ricava che il membro può essere descritto come multilayer definito come: alternanza litologica di letti in arenarie ad elevata competenza e letti di peliti con un basso grado di competenza. Il rapporto arenaria/pelite nei diversi affioramenti studiati è mediamente molto minore di 1 (A/P<<1). Inoltre i rapporti stratigrafici con le formazioni sottostanti e sovrastanti sono definiti da delle angular unconformity. Le strutture minori associate al multilayer sono rappresentate da sistemi di joints sistematici che si ritrovano quasi esclusivamente nel letto arenaceo più compatto e raramente in quello pelitico. La loro giacitura è quasi sempre ortogonale alla stratificazione. Altre strutture minori sono rappresentate da superfici striate, caratterizzate superfici parallele alla stratificazione e intensamente striate causa la frizione di origine tettonica avvenuta tra i due blocchi. Tali strutture si ritrovano sia all’interno del layer pelitico sia sulla superficie di separazione tra A/P. Il carattere pervasivo di tali strutture da taglio, rende i letti argillosi simile ad una cataclasite a struttura lenticolare. Attraverso l’analisi dei dati geologico-strutturali e dei rapporti stratigrafici con le formazioni soprastanti e sottostanti, si è giunti alla definizione dello stile strutturale del Membro della Val Pessola e a descrivere il modello cinematica del piegamento causato da uno slumping di origine gravitativi, ma comunque influenzato dal contesto tettonico regionale dell’area.


(*) Geologo del GeoResearch Center Italy – GeoBlog (sito internet: www.georcit.blogspot.com; mail: georcit@gmail.com)
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GeoResearch Center Italy - GeoBlog, pub. n° 7 (2011), ISSN: 2240-7847.



Introduzione
Nel basso e medio Appennino reggiano (fig.1) affiora con buona esposizione  la Formazione di Ranzano (Oligocene – Miocene)(Pieri, 1961), appartenente alla Successione Epiligure (Ricci Lucchi, Ori, 1985; Mutti e al., 1995; Bettelli e al., 1987a; 1987b; Papani e al., 2002a; 2002b; Gasperi e al., 2005a; 2005b).

Figura 1: Schema strutturale dell’Appennino Parmense – Reggiano. Legenda: 1 = tracia delle principali trutture di accavallamento; 2 = traccia  delle principali faglie dirette; 3 = tracia delle principali faglie trascorrenti; 4 = traccia degli assi di piega coricata o rovesciata; 5 = traccia delle superfici di accavallamento riutilizzate con meccanismo estensionale; 6 = margine del pedeappennino; 7 = spartiacqua principale. A = Linea del Secchia; B = Linea della media Val d’Enza; ITF = Internal Thtust Front; PTF = Pedeapenninic Thrust Front; ETF = External Thrust Front; (modificato da: De Nardo e al., 1991); S = area dello Slumping.

La formazione in base alle sue caratteristiche sedimentologiche e stratigrafiche, viene suddivisa in vari membri (Papani e al., 2002b; Gasperi e al., 2005b) tra cui il Membro della Val Pessola, che alla scala mesoscopica mostra una piega di dimensioni metriche (Bertelli e al., 1984;Balocchi, 2010).
Tale assetto strutturale è dovuto alla sua storia tettonica durante l’accrezione del prisma orogenetico dell’Appennino settentrionale. In questa fase è avvenuta la deposizione della Successione Epiligure all’interno di bacini di piggy-back (Sinclinale di Viano)(Papani e al., 1987; De Nardo e al., 1991) impostati al di sopra dei cunei orogenetici Liguridi.
L’obiettivo dello studio è quello di analizzare la deformazione duttile alla mesoscala del Membro della Val Pessola (Formazione di Ranzano)(Balocchi, 2010) e definenire lo stile strutturale e il modello cinematico del piegamento. Attraverso l’analisi strutturale cinematica e dinamica si vuole ricavare la direzione dei paleosforzi e collocarli nel quadro tettonico alla scala regionale.

Inquadramento geologico regionale
La Formazione di Ranzano (“Arenarie di Ranzano” in Pieri, 1961) fa parte della Sucessione Epiligure (Ricci Lucchi, Ori, 1985; Mutti e al., 1995; Bettelli e al., 1987a; 1987b; Papani e al., 2002a; 2002b; Gasperi e al., 2005a; 2005b), ed è costituita da più corpi sedimentari di origine prevalentemente torbiditica con geometria da tabulare a lenticolare e con facies deposizionali molto variabili, da conglomeratiche ad arenacee, arenaceo-pelitiche e pelitiche. Lo spessore complessivo dell'unità è molto variabile e si passa dai pochi metri agli oltre 1500 metri nella media Val Secchia (Papani e al., 2002a; Gasperi e al., 2005a).
La Formazione di Ranzano cronologicamente si estende dal Priaboniano sup. (Eocene superiore) terminale al Rupeliano sup. (Oligocene inferiore) e presenta una estensione geografica di otre 200 Km lungo la catena nord appenninica (Catanzariti e al., 1997; Martelli e al., 1998).
Il contatto inferiore della formazione è per lo più con la formazione delle Marne di Monte Piano  ed è segnato dalla comparsa di ben netti livelli arenacei, assenti nella parte alta della formazione sottostante. Localmente la Formazione di Ranzano appoggia direttamente sulle Liguridi deformate. Molto spesso il contatto con le Marne di Monte Piano è discordante con una netta lacuna erosiva (Papani e al., 1987; Martelli e al., 1998).
Anche il contatto con le soprastanti marne della Formazione di Antognola è localmente netto ed alcuni autori (Fregni, Panini, 1987; De Nardo e al., 1991) hanno segnalato una discordanza angolare con lacuna biostratigrafìca.
La Formazione di Ranzano presenta alla scala regionale una notevole articolazione litologica rappresentata da differenti membri e litofacies (Martelli e al., 1998; Cibin e al., 1998):
Membro di Pizzo d’Oca: caratterizzato da prevalenti facies arenaceo-pelitiche, con areniti di composizione feldspatico-litica ricche di frammenti di rocce granitico-gneissiche e metamorfiche, poggiante con contatto netto sulle Marne di Monte Piano; età: Priamboniano superiore;
Membro della Val Pessola: caratterizzato da facies variabili da arenaceo-pelitiche ad arenaceo-conglomeratiche; gli strati variano da medi a molto spessi con geometria tabulare, mentre negli strati a granulometria grossolana si presentano lenticolari. Le arenarie hanno una composizione in cui prevale la frazione litica e, ai frammenti metamorfici provenienti dal membro sottostante si aggiungono frammenti di serpentinite e modeste quantità di rocce di provenienza ofiolitica. Tale composizione conferisce una colorazione grigio scuro-verdastro. Viene distinta una litofacies arenaceo-conglomeratica, con strati da spessi a molto spessi, a geometria tabulare e frequentemente amalgamati, con base microconglomeratica a clasti arrotondati anche a dimensioni decimetriche. La base della litofacies è erosiva e talora appoggia sulle Marne di Monte Piano o sul substrato Ligure evidenziando una lacuna biostratigrafia di estensione regionale (Mutti e al., 1995; Catanzarini e al., 1997);
Membro di Varano de’ Melegari: che giace con contatto netto e talora in discontinuità, sul Membro della Val Pessola ed è ricoperto in apparente continuità di sedimentazione dalle Marne di Antognola (Martelli e al., 1998; Papani e al., 2002a; Gasperi e al., 2005a). Il membro è caratterizzato da facies pelitico-arenacee, localmente arenaceo-pelitiche e con sporadiche intercalazioni arenaceo-conglomeratici con detrito di composizione litica contenete frammenti di rocce sedimentarie carbonatiche, di provenienza dai flysch ad elmintoidi e rocce metamorfiche (Cibin, 1993; Papani e al., 2002a). Gli strati variano da molto spessi a spessi, con geometria che può essere sia tabulare che lenticolare (Papani e al., 2002a). Alla base è presente potente litofacie caotica contenente sottili straterelli di vulcanoareniti a composizione andesitica (Catanzariti e al., 1993; Cibin e al., 1998; Martelli e al., 1998).

Figura 2: Colonna stratigrafica schematica della Successione Epiligure. Legenda: BAI = Brecce Argillose di Baiso; MMP = Marne di Monte Piano; RAN = Formazione di Ranzano; ANT = Formazione di Antognola; MVT = Brecce argillose della Val Tiepido – Canossa; CTG = Formazione di Contignaco; PAT = Formazione di Pantano; CIG = Formazione di Cigarello; TER = Formazione del Termina (modificato da: Gasperi e al., 2005a)

Per quanto riguarda il contesto geologico regionale, la Successione Epiligure (fig.2)(Ricci Lucchi, Ori, 1985; Gasperi e al., 2005a; 2005b) comprende tutti quei sedimenti che giacciono in discordanza  al di sopra delle unità Liguri deformate (post fase tettonica ligure, Eocene medio), rappresentando il risultato di una sedimentazione entro bacini episuturali (Bally, Snelson, 1980).
Dopo la fase tettonica ligure, incomincia una sedimentazione su un substrato fortemente deformato in ambiente marino piuttosto profondo, con depositi rappresentati da potenti accumuli di brecce poligeniche (depositi di colata da mud flow e debris flow), da marne ed argille emipelagiche con strati torbiditici e da corpi arenacei risedimentati. Sono rappresentate dalle formazioni delle Brecce argillose di Baiso, alle Marne di Monte Piano e alla Formazione di Ranzano. In questo modo si configura un nuovo dominio paleogeografico, il Dominio Epiligure che si va a sostituire al precedente Dominio Ligure.
A partire dal Miocene inferiore si sviluppa una sedimentazione differente da quella precedente, di un ambiente di piattaforma con apporti terrigeni sia extrabacinali sia carbonatici intrabacinali.
Il limite superiore della Successione Epiligure corrisponde alla Formazione del Termina (Lucchetti e al., 1962; Fioroni, Panini, 1989) di età compresa tra il Serravaliano sup. e il Messiniano inf., escludendo tutti quei termini più recenti Plio-Quaternari.

La struttura principale è rappresentata dal bacino satellite Vetto-Carpineti-Canossa (Papani e al., 1987; De Nardo e al., 1991) articolato in diversi sottobacini minori e collocato tra due principali fasci di thrust, ubicati rispettivamente nell’Alto Appennino (IFT) e lungo il fronte Pedeappenninico (PFT)(fig.1). Questi due elementi cinematici hanno giocato un ruolo importante nella strutturazione della catena, insieme ai lineamenti trasversali (linee del Secchia e dell’Enza), i quali hanno giocato un ruolo di svincolo tra i diversi blocchi (tear faults).
I sedimenti appartenenti al bacino Epiligure appoggiano in discordanza, con ampia lacuna, su un basamento intensamente deformato costituito dalle unità Liguri, Subliguri e le Unità Toscane (Bettelli e al., 1987a; 1987b, 1987c; De Nardo e al., 1991). L’inizio della sedimentazione Epiligure è definita dalla messa in posto di mélange, caratterizzati da corpi caotici di origine sedimentaria (De Nardo, 1990), la cui distribuzione è connessa alla fisiografia del bacino. In questa situazione tettonica e sedimentaria, si delinea un bacino epiligure (episuturale) a sviluppo longitudinale ed esteso in senso appenninico, attivo già prima dell’inizio della deposizione della Formazione di Monte Piano (De Nardo e al., 1991).
La classica stratigrafia della Sucessione Epiligure Monte Piano – Ranzano – Bismantova (fig.2) è caratterizzata dalla sovrapposizione di unità litologiche di ambienti sedimentari differenti e variabili dalla scarpata al bacino. Le variazioni di facies e di composizione nella successione, insieme alle importanti discordanze e discontinuità, testimoniano la loro netta dipendenza dagli eventi tettonici che si sono succeduti nella strutturazione del prisma d’accezione.
Il bacino, che alla scala regionale mostra una distribuzione appenninica, è diviso in sottobacini sia a sviluppo longitudinale sia a sviluppo trasversale (fig.1 e 3), delimitati da faglie ad estensione regionale. Questi bacini si sono formati a partire dall’Eocene medio, ma la loro subsidenza si è notevolmente accentuata a partire dall’Eocene superiore con la sedimentazione della Formazione di Ranzano (De Nardo e al., 1991).

Figura 3: Principali sottobacini individuati all’interno del bacino Vetto-Carpineti-Canossa. Le fasce ombreggiate rappresentano le principali strutture che delimitano i sottobacini. 1 = sottobacino Scurano-Vetto-Carpineti; 2 = sottobacino Cerredolo dè Coppi – Casina – Baiso; 3 = sottobacino Canossa – Viano – Castellarano; 4 = sottobacino Ranzano – Sasso; 5 = sottobacino Groppo – Tassobbio; 6 = sottobacino Carnola – Gombio; 7 = sottobacino Gatta – Felina (da: De Nardo e al., 1991).

Descrizione delle strutture
Attraverso lo studio geologico-strutturale del Membro della Val Pessola appartenente alla Formazione di Ranzano (Pieri, 1961; Ricci Lucchi, Ori, 1985; Bettelli e al., 1987a; Mutti e al., 1995; Cibin e al., 1998; Martelli e al., 1998; Papani e al., 2002a; 2002b), su due affioramenti in prossimità di Vesallo (Balocchi, 2010), è stato possibile descrivere le strutture plicative rappresentate da letti piegati alla mesoscala associati a strutture fragili rappresentate da fratture di estensione, faglie e superfici striate parallele alla stratificazione.

Figura 4: Stile strutturale del Membro della Val Pessola.
Stile strutturale della stratificazione
Il membro può essere descritto come  multilayer (Johnson, 1977; Davis, Reynolds, 1996; Bettelli, Vannucchi, 2003; Balocchi, 2010), definito come alternanza litologica di arenarie ad elevata competenza e spessore da medio a spesso, e peliti con un basso grado di competenza e spessore maggiore (fig.4). Il rapporto arenaria/pelite negli affioramenti studiati è quasi sempre molto minore di 1 (A/P<<1). Questo multiplayer alla scala dell’affioramento si presenta intensamente deformato da strutture plicative. Inoltre il layer arenaceo si presenta intensamente fratturato da sistemi di fratture sistematiche e non sistematiche ortogonali, mentre il layer pelitico è intensamente deformato da piccole superfici parallele alla stratificazione e intensamente striate a dare una struttura cataclastica lenticolare. I rapporti stratigrafici con le sottostanti Marne di Monte Piano e la sovrastante Formazione di Antognola, mostra contatti discordanti rappresentati da angular unconformity (fig.5).

Figura 5: Piega mesoscopica del Membro della Val Pessola. Interpretazione
nella figura sottostante.
Strutture fragili
Le strutture fragili studiate su due affioramenti sono rappresentate perlopiù da fratture, le quali mostrano un carattere pervasivo in tutto il volume della roccia. Le loro superfici non mostrano indicatori che possono discriminarle in fratture estensionali o di taglio, e pertanto è stato indispensabile l’analisi di altre superfici le quali mostravano chiari indizi di movimento. Tali superfici sono rappresentate alla scala mesoscopica da faglie e superfici striate parallele alla stratificazione.

Figura 6: Stereogrammi delle superfici di taglio entro il letto
Pelitico e sull’interfaccia di separazione tra A/P;
a) nell’affioramento 1; b) nell’affioramento 2.
Proiezione Equiareale, Emisfero Inferiore.
Le piccole superfici di taglio (fig.6) parallele alla stratificazione e intensamente striate, rappresentano delle strutture fragili minori alla mesoscala, riscontrate all’interno del layer pelitico e mai in quello arenaceo. In alcuni casi le superfici striate mostrano un angolo di circa 15° rispetto alla stratificazione, rappresentando delle fratture di taglio secondarie di Riedel (Petit, 1987). Il carattere pervasivo di tali strutture rende la facies argillosa simile ad una cataclasite a struttura lenticolare (fig.4)(Mercier, Vergely, 1995). L’assetto di queste superfici è legato a quello della stratificazione che è variabile localmente a causa delle mesopieghe.

Le strutture fragili descritte di seguito, si ritrovano in affioramento sempre ortogonali alla stratificazione indipendentemente dall’assetto di quest’ultima, probabilmente dovuto dal fatto che si sono generate successivamente alla struttura plicativa descritta in seguito, e pertanto vengono descritte retrodeformate (portandole ad una situazione stratigrafica orizzontale). Solo la faglia della famiglia F2 mostra in affioramento chiari indizi di essere una struttura successiva alle altre. Infatti taglia sia la stratificazione, sia le altre strutture definendola come ultimo evento deformativo. Questa struttura non è stata retrodeformata.

Figura 7: Stereogramma delle faglie trascorrenti
retrodeformate: Dx destrorsa; Sx sinistrorsa.
Proiezione Equiareale, Emisfero Inferiore.
Figura 8: Stereogramma delle faglie normali:
il pallino indica la stria. Proiezione Equiareale,
Emisfero Inferiore.

Il  primo sistema di faglie (F1) è rappresentato da due faglie coniugate trascorrenti (fig.7), con direzione e inclinazione N320°-80° interpretabile come trascorrente destra e con direzione e inclinazione N315°-80° interpretabile come trascorrente sinistra in base all’interpretazione delle fratture secondarie di Riedel (Petit, 1987).
Un’altra (fig.8) è rappresentata da faglie (F2) sistematiche a direzione e inclinazione N260°-50°, con cinematica normale sulla base della separazione stratigrafica.

I joints (fig.9) sono rappresentati da tre famiglie e si ritrovano quasi esclusivamente nel layer arenaceo più compatto e raramente in quello pelitico meno compatto.

Figura 9: Proiezioni dei joints: a) famiglia J1; b) famiglia J2;
c) famiglia J3. In a) e b) il pallino indica la direzione dell’asse
di massimo allungamento, in c) il pallino indica l’asse
di cerniera della piega. Proiezione Equiareale, Emisfero Inferiore.

La prima famiglia (J1) è costituita da fratture sistematiche, che dopo averle retrodeformate (portandole ad una situazione stratigrafica orizzontale) mostrano una direzione e inclinazione N320°-80°. Alla mesoscala si presenta sempre ortogonale alla stratificazione.
La seconda famiglia (J2) è costituita da fratture sistematiche, che dopo averle retrodeformate (portandole ad una situazione stratigrafica orizzontale), mostrano una direzione N350° e inclinazione variabile di 50° e 60°.
La terza famiglia (J3) è costituita da fratture non sistematiche a direzione N230° e inclinazione variabile dai 30° ai 70°, con immersioni variabile da NW a SE. Tale famiglia alla scala dell’affioramento si mostra sempre ortogonale alla stratificazione, indipendentemente dall’assetto di quest’ultima.

Figura 10: Stereogramma dell’assetto stratigrafico del multilayer.
a) affioramento 1; b) affioramento 2. Proiezione Equiareale,
Emisfero Inferiore.
Analisi delle strutture
Analizzando la giacitura stratigrafica (fig.10), si nota come l’assetto del multilayer sia riconducibile a quello di uno stile deformativo da una piega mesoscopica.
Per quanto riguarda l’affioramento 1  (Balocchi, 2010) la mesopiega mostra una direzione e inclinazione della linea di cerniera N226°-8°, e una direzione e inclinazione del piano assiale N250°-18° (fig.11), mentre per l’affioramento 2 la mesopiega mostra una direzione e inclinazione della linea di cerniera N059°-5°, e una direzione e inclinazione del piano assiale N149°-5° (fig.11). In entrambe gli affioramenti le mesopieghe possono essere classificata geometricamente come piega anticlinale orizzontale coricata, parallela della Classe 1B (Ramsay, Huber, 1987) in entrambe gli affioramenti.
Analizzando i diagrammi stereografici della piega, possiamo ricavare l’orientazione dell’ellissoide della deformazione, dove l’asse di massimo accorciamento mostra una direzione NW-SE.

Figura 11: Stereogramma delle pieghe mesoscopiche:
h1 linea di cerniera della piega nell’affioramento 1;
Pa1 piano assiale della piega nell’affioramento 1;
h2 linea di cerniera della piega nell’affioramento 2;
Pa2 piano assiale della piega nell’affioramento 2;
Proiezione Equiareale, Emisfero Inferiore.
Dallo studio degli affioramenti (fig.5) si nota come i rapporti stratigrafici con le sottostanti Marne di Monte Piano e la sovrastante Formazione di Antognola, mostra contatti discordanti rappresentati da angular unconformity, indicando come le due unità litologiche non abbiano subito lo stesso tipo di deformazione del Membro della Val Pessola. Pertanto la piega è dovuta ad un processo gravitativo di slumping e non a sforzi tettonici.

Per quanto riguarda le strutture fragili è possibile definire l’orientazione nello spazio dell’ellissoide della deformazione:
  • Le superfici striate all’interno dei letti pelitici, rappresentano delle superfici di frizione tra i due blocchi parallele alla stratificazione (fig.6).
  • le faglie tracorrenti (F1) retrodeformate mostrano una direzione di massimo accorciamento corrispondente alla bisettrice dell’angolo acuto con direzione circa NW-SE, e un asse di massimo allungamento in direzione NE-SW;
  • joints della prima famiglia (J1) mostra un asse di massimo allungamento  orientato in direzione e inclinazione N206°-2° (fig.9a);
  • joints della seconda famiglia (J2) mostra un asse di massimo allungamento  orientato in direzione e inclinazione N009°-5° (fig.9b);
  • joints della terza famiglia (J2) rappresentano delle fratture sempre perpendicolari alla stratificazione nel letto arenaceo, interessante è notare come il loro assetto è uguale a quello della stratificazione e attraverso la loro analisi è possibile individuare la direzione dell’asse di cerniera della pirga (fig.9c);
  • le faglie normali (F2) mostrano una direzione di massimo accorciamento verticale, e un asse di massimo allungamento in direzione circa N-S;

Analizzando le altre strutture e il loro rapporto con la stratificazione, è stato possibile definire una cronologia genetica delle strutture stesse che è descritta di seguito nel modello cinematica.

Conclusioni
Considerando l’ellissoide dello sforzo coassiale a quello della deformazione, si può definire l’assetto dello stress in relazione alle strutture tettoniche rilevate:
  • La struttura plicativa mostra una direzione dell’asse di massima compressione coassiale alla direzione dell’asse di massimo accorciamento NE-SW (fig.10); inoltre le superfici striate all’interno dei letti arenacei e sulla interfaccia A/P ma mai all’interno del letto arenaceo, evidenziano come il layer arenaceo e quello pelitico sono slittati uno rispetto all’altro durante il processo di piegamento;
  • I joints della prima famiglia (J1) mostrano una direzione di massimo allungamento N206°-2° (fig.9a) e compatibili con una direzione dell’asse di massima estensione, mentre l’asse di massima compressione mostra una direzione di circa NW-SE;
  •  Le faglie trascorrenti mostrano una direzione dell’asse di massimo accorciamento circa NW-SE, coassiale con quello dell’asse di massima compressione dell’ellissoide dello stress. La direzione dell’asse di massimo allungamento circa NE-SW è coassiale con quello dell’asse di massima estensione dell’ellissoide dello stress.
  • I joints della seconda famiglia (J2) mostrano una direzione di massimo allungamento N009°-5° (fig.9b). Non si sono trovati indicatori cinematici di un eventuale movimento trascorrente in questa famiglia di joints, ma su base geometrica e di parallelismo con le faglie trascorrenti destre, possono essere interpretati come fratture di taglio a cinematica destrorsa (fig.7 e 9b). In tale contesto cinematico, questa famiglia di joints mostra una direzione dell’asse di massima compressione coassiale con quello delle faglie trascorrenti;

L’asse di massima compressione dello stress che ha prodotto le strutture sopra descritte mostra una direzione NW-SE. Sotto tale regime si può proporre un modello cinematico della piega del multylayer. Per fare questo bisogna considerare il rapporto tra il contrasto di competenza dei letti adiacenti e la competenza media del multilayer. Su tale base è stato possibile definire che per un contrasto di competenza medio alto e una competenza media moderata (Johnson, 1977; Mercier, Vergely, 1995; Davis, Reynolds, 1996; Bettelli, Vannucchi, 2003), si ha la formazione di una piega sinclinale per taglio flessurale (flexural shear) della Classe 1B (Ramsay, 1967) nei letti meno competenti e  una piega anticlinale per piegamento flessurale (flexural slip) della Classe 1C (Ramsay, 1967) nei letti più competenti, con la formazione dei joints della famiglia (J3) ortogonali alla stratificazione. In entrambe i casi si tratta comunque di pieghe parallele.

In base alle relazioni stratigrafiche con le formazioni sottostanti e sovrastanti, le quali non mostrano il medesimo stile strutturale di piegamento, la mesopiega è da considerarsi come la risposta deformativa del Membro della Val Pessola ad uno sforzo locale che ha prodotto uno slumping all’interno del bacino epiligure.

In relazione allo stress locale con direzione NW-SE, è possibile definire un modello della deformazione che ha prodotto le strutture sopra descritte. Tale modello è da mettere in relazione al contesto tettonico regionale e quindi allo stress tettonico che è legato al movimento differenziane dei due blocchi separati dalla struttura trspressiva sinistra del Secchia (fig.1)(Fornaciari, 1982; Papani e al., 1987; De Nardo e al., 1991), che ha portato all’innalzamento del blocco meridionale e al rispettivo inalzamento del blocco settentrionale dove è presente lo slumping.

Figura 12: Modello de formativo dello slumping per piegamento: a) fase fragile con la formazione dei joints J1 e successivi faglie e joints F1 + J2; b) fase plicativa per piegamento del Membro della Vall Pessola con la formazione dei joints J3.





Lo sforzo tettonico regionale porta all’inalzamento del blocco meridionale e al relativo abbassamento di quello settentrionale (rispetto alla Linea del Secchia; fig.1), dove uno sforzo locale con direzione dell’asse di massima compressione NW-SE inizia a deformare in modo fragile il Membro della Val Pessola, precedentemente deposto in orizzontale sulle Marne di Monte Piano (angular unconformity). Il menbro viene inizialmente fratturato (fig.12a) secondo dei joints appartenenti alla prima famiglia (J1) e contemporaneamente o subito dopo si formano dei joints di taglio della seconda famiglia (J2) e le faglie trascorrenti (F1). Il piegamento (fig.12b) avviene solo quando il movimento tettonico lungo la Linea del Secchia (fig.1) porta ad un innalzamento del blocco meridionale rispetto a quello settentrionale, fino a rendere instabile la scarpata del bacino che si è andata a formare. I sedimenti, che con molta probabilità avevano una coesione elevata non si smembrano formando un mélange sedimentario, ma si deformano attraverso uno slumping formando una piega parallela orizzontale che si è andata a coricare sul fondo del bacino, attraverso un modello cinematico di flexural shear & flexural slip. Contemporaneamente a questa fase si possono essere formati anche i joints della terza famiglia (J3), anche se si sono riscontrati dati certi sulla loro cronologia.
Solo quando lo slumping si è portato all’equilibrio ed il processo è terminato, l’area è stata soggetta ad una fase estensiva con una direzione di massimo allungamento N-S e la formazioni di faglie normali. Tale evento estensivo ha interessato tutti i termini della Successione Epiligure (Bettelli e al., 2001; 2002; Balocchi, 2003).

Bibliografia
Bally A. W., Catalano R., Oldow J. (1985); Elementi di tettonica regionale. Pitagora Ed., Bologna
Balocchi P. (2003); Analisi mesostrutturale e macrostrutturale delle strutture fragili presenti nelle unità del Gruppo di Bismantova affioranti tra Zocca eCastel D’Aiano (Appennino modenese e bolognese). Tesi di laurea inedita, Dip. Sc. Terra Università di Modena e Reggio Emilia.
Balocchi P. (2010); Rilevamento geologico – strutturale e studio altimetrico della morfostruttura piramidale di Vesallo e considerazioni sulla morfogenesi (Appennino reggiano). GeoResearch Center Italy - GeoBlog, pub n°5. Consultabile all’indirizzo internet: http://georcit.blogspot.com/2010/07/rilevamento-geologico-strutturale-e.html.
Bertelli V., Cerrina Ferroni A., Plesi G., Fontanesi G. (1984); Deformazione semiduttile nelle Arenarie di Ranzano della media Val d’Enza (Appennino Reggiano); Un tentativo di analisi della fatturazione associata al piegamento concentrico. Boll. Soc. Geol. It., 103, pp. 601-614.
Bettelli G., Bonazzi U., Fazzini P., Gasperi G., Gelmini R., Panini F. (1987a); Nota illustrativa alla Carta geologica dell’Appennino modenese e zone limitrofe. Mem. Soc. Geol. It., 39, pp. 487-498.
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